Casa colonica in fiamme: solaio inagibile
CIMADOLMO. È stato probabilmente causato da un cortocircuito l’incendio che ha mandato completamente in fumo il solaio di una vecchia casa colonica, dove il nipote del proprietario aveva ricavato una stanza per studiare. Vi aveva messo un computer, degli arredi, dei mobili e un divano. L’incendio è scoppiato probabilmente dopo le 4.30 di domenica, ma l’allarme è scattato più tardi. A spiegare quanto è accaduto è Raimondo Moro, ex dipendente comunale e comproprietario dello stabile insieme al cugino Dino Da Rios: «Siamo stati svegliati dalle fiamme della vecchia casa colonica. Io dormivo nell’altra abitazione a circa una cinquantina di metri dallo stabile. Nel solaio, mio nipote vi aveva ricavato una stanza per studiare, dove aveva collocato un computer e un divano. Ma lui non si trovava lì quella notte, perché era andato dalla fidanzata. In quel solaio, si trovavano invece due suoi amici universitari, che erano di passaggio e si erano fermati a trovarlo. Forse, erano scesi giù quando è accaduto l’incendio. Poi uno di loro si è ferito lievemente ad una mano. L’incendio è scoppiato probabilmente a causa di un cortocircuito, come ipotizzano i vigili del fuoco». L’abitazione andata in fiamme si trova in via Ambrosetta, ma per arrivarvi bisogna passare attraverso una strettoia tra due case, a cui si accede da via Mengaldo. Non riuscendo ad entrarci, i vigili del fuoco, che erano giunti da Conegliano e da Vittorio Veneto, hanno dovuto faticare prima di posizionarsi nel luogo e iniziare le operazioni di spegnimento. Nonostante la pioggia battente, i vigili del fuoco hanno lavorato fino alle 10 di domenica. Prosegue Moro: «Quand’è scoppiato l’incendio, mi sono avvicinato all’abitazione e sentivo che gridavano. Non ho trovato mio nipote, ma poi ho saputo che era andato dalla fidanzata. Per fortuna, non è accaduto nulla di grave, soltanto una ferita lieve ad una mano di uno dei suoi amici. Ho preso comunque un bel po’ di paura. I danni ammontano a circa 1.500 euro e non molto di più».
Alessandro Viezzer
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