Cangrande della Scala morì avvelenato, forse fu assassinato

I risultati dello studio dell'università di Pisa a 700 anni dalla morte a Treviso del combattente mecenate. Omicidio o errore umano?
La statua di Cangrande fra le mura di Castelvecchio
La statua di Cangrande fra le mura di Castelvecchio

L'equipe di paleopatologia dell'Università di Pisa, guidata da Gino Fornaciari, ha risolto un altro giallo del passato: a 700 anni di distanza, l'autopsia sul corpo mummificato di Cangrande della Scala, condottiero ghibellino e mecenate di Dante Alighieri deceduto improvvisamente a Treviso nel 1329, ha dimostrato che il signore di Verona morì per avvelenamento.

La mummia di Cangrande
La mummia di Cangrande

Cangrande della Scala, la sua storia
Cangrande della Scala in un affresco

"Le analisi - spiega Fornaciari in una nota diffusa dall'ateneo - hanno rivelato che Cangrande fu intossicato dalla somministrazione orale di un infuso o di un decotto a base di camomilla e gelso in cui era contenuta la digitale. Questa era conosciuta nel Medioevo solo come pianta velenosa, perché le sue proprietà terapeutiche furono scoperte solo nel XVIII secolo, e risulta difficile stabilire se l'avvelenamento di Cangrande fu causato dall'ingestione accidentale di foglie di digitale, scambiate erroneamente per qualche altra pianta commestibile, o se l'avvelenamento fu intenzionale. Certo le cronache dell'epoca riferiscono alcuni dettagli che supportano quest'ultima ipotesi, come ad esempio che il suo medico fu accusato di avvelenamento e fu giustiziato".

Il giallo risolto in laboratorio, lascia aperta una indagine che non potrà mai essere dichiarata chiusa.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso