«Cane investito», era una truffa

Hanno dovuto presentare una lettera di scuse all’assicurazione che avevano cercato di truffare per ottenere un maxi risarcimento per la morte del loro cane. E hanno dovuto sborsare 10 mila euro per ottenere il ritiro della querela e della costituzione di parte civile. Si tratta di Albino Federico Bagnoli, 45enne padovano e Valeria Remotti, 34 anni, che ieri mattina sono finiti davanti al giudice dell’udienza preliminare assistiti dall’avvocato Martina Pinciroli. Erano accusati di aver nascosto le reali cause della morte del loro esemplare di Dogo Argentino, incinta, tra l'altro di 15 cuccioli, presentando una falsa dichiarazione di incidente per spuntare così un risarcimento da 40 mila euro. Ma il responsabile dell'ufficio antifrodi delle assicurazioni Axa, aveva scoperto che in realtà il cane era morto in altre circostanze e soprattutto 13 gironi prima dell'incidente. Bagnoli era il titolare del noto allevamento di cani White Dragon. Secondo le accuse formalizzate dal pubblico ministero Mara De Donà, Bagnoli, insieme a Gianluca Artusi e Valeria Remotti, tutti padovani, avrebbe mentito sulle reali cause della morte del cane, per ottenere da Axa Assicurazioni, rappresentata in aula dall’avvocato Aloma Piazza, un risarcimento di dieci mila euro per la madre e duemila per ogni cucciolo di cui era gravida. A presentare la falsa dichiarazione di incidente, sarebbe stato Artusi che avrebbe dichiarato di avere investito e ucciso il cane a Padova il 30 aprile 2013, allegando le dichiarazioni del proprietario del cane e della donna, quale testimone dell'incidente. Ma il presunto raggiro è stato scoperto dal responsabile dell'ufficio antifrodi di Axa Giovanni Pascone. Come? Leggendo sulla pagina Facebook di Bagnoli il necrologio dedicato al cane nel quale l'allevatore scriveva: «R.I.P. Mancha Verde Pampas. Oggi te ne sei andata tra le mie braccia, eri incinta dei tuoi bimbi e una complicazione ti ha portato via da me». Il punto è che il necrologio, in seguito rimosso, era stato postato 13 giorni prima dell'incidente in cui Mancha, questo il nome dell’animale, sarebbe morta. Secondo il pm De Donà, i tre avrebbero prodotto un certificato contraffatto relativo all'autopsia effettuata sull'animale, omettendo le cause della morte e falsificando le firme del medico che l'aveva eseguita e della responsabile del Servizio di Anatomia Patologica dell'Università di Padova. «Ci dispiace per quello che abbiamo fatto e per il danno causato», hanno sottoscritto i due imputati nella lettera, «il tutto è avvenuto su iniziativa di Artusi che ha approfittato nel nostro momento di difficoltà economica». Oltre alla lettera di scuse i due hanno versato all’assicurazione la cifra di 10 mila euro. Nonostante Axa abbia rinunciato alla costituzione di parte civile e abbia rimesso la querela i due sono comunque stati rinviati a giudizio per il reato di falso che è procedibile d’ufficio. L’udienza è fissata per il prossimo 21 aprile. Verranno giudicati in abbreviato. (s.g.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso