«Cacciato dal mio tennis In catene per riaverlo»

Era il «suo» tennis club. Ora ci si incatena davanti perché, dice, «i nuovi gestori non pagano l’affitto da un anno esatto». Chi avrebbe mai detto che sarebbe finita così: Bepi Zambon incatenato alla sua roulotte, di fronte al “Tennis Club 82” che di suo, ora, non ha neppure il nome; i gestori attuali a pochi metri di distanza, a dirsi «dispiaciuti per la vicenda umana» ma a smentire assolutamente che l’affitto non venga pagato. Chi ha ragione? I rispettivi avvocati sono già al lavoro, ma Bepi ha scelto il modo più eclatante per portare avanti la sua battaglia. Come una discesa a rete improvvisa: chissà se ora arriverà la volée vincente o il passante implacabile.
Fuor di metafora: Bepi dice di rivolere il suo tennis club, mentre i gestori (Mara Comin, Guido Furlanetto, Luca Fereghino) tirano dritti per la loro strada: «L’affitto lo paghiamo regolarmente, anzi, è lui ad averci nascosto parecchi debiti, quando siamo subentrati. E in questi giorni si è introdotto di nascosto, di notte, negli uffici per riprendere cose sue. Perché è arrivato a questo punto? Noi siamo sempre stati disponibili, ma ora basta: lo abbiamo denunciato».
Bepi dice di volere «la risoluzione del contratto d’affitto non rispettato», e si lamenta di essere stato «infangato, tanto da essere stato costretto a cambiare città per la vergogna, ora vivo ad Ascoli» per la vicenda giudiziaria che ha toccato la struttura di via Medaglie d’oro, con l’indagine della Procura per la presenza di rifiuti smaltiti nello scavo di costruzione della nuova piscina. Indagine che si è chiusa con l’archiviazione della posizione di Zambon e un decreto penale di condanna da novemila euro per i gestori, ma questa vicenda sembra marginale: il nodo centrale è l’affitto. «Ho ceduto la gestione a loro nel luglio 2012, pattuendo diecimila euro al mese d’affitto», spiega Zambon, «me ne hanno dati settemila nei primi mesi, poi duemila. Da maggio dello scorso anno, nemmeno quelli». Circostanza che i gestori attuali smentiscono: «Contratto d’affitto nero su bianco e regolarmente pagato», spiega Mara Comin, «non so perché Bepi sia arrivato a questo punto. Nessuno, qui, gli ha mai chiuso le porte in faccia. Anzi, gli avevamo anche proposto di restare come maestro di tennis, non ha voluto. Mi dispiace per la vicenda umana, ma non possiamo accettare che dica falsità sul nostro conto».
Due verità distantissime, come sono distanti i ricordi immortalati nelle foto e nei quadri che Bepi ha posato sulla sua roulotte: vittorie, coppe, gloria nel suo amato sport. Ora ha 71 anni ed è arrivato a questo. Due carabinieri, a debita distanza, controllano discretamente che la situazione non si surriscaldi. Spente le telecamere e chiusi i taccuini dei giornalisti che lui stesso ha chiamato, Bepi slaccia le catene e se ne va, in silenzio. Quello non è più il suo tennis club.
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