Buco da 45 milioni, indagine su Monsile

Prestiti facili, anche ai parenti. Finanziamenti ad aziende a un passo dal fallimento. Risultato: sui conti della banca si apre una voragine da 45 milioni di euro. Terremoto alla Banca di Monastier e del Sile: la Procura della Repubblica di Treviso ha aperto un fascicolo su un buco milionario nei conti dell’istituto di credito cooperativo. Sul registro degli indagati, secondo l’agenzia Ansa, sarebbero finiti i nomi degli ex vertici (in carica tra il 2007 e il 2010) della banca: il presidente Claudio Bin, il direttore generale Giannantonio Bianchin e il vicedirettore Michele Baseggio. L’avvocato del presidente Claudio Bin, Luigi Fadalti, smentisce però l’iscrizione sul registro degli indagati: secondo il legale c’è solo un fascicolo «atti relativi a», senza indagati né ipotesi di reato. L’Ansa però parla di appropriazione indebita e distrazione di denaro tra le ipotesi d’accusa.
L’istituto è stato oggetto di un’ispezione della Banca d’Italia, terminata una quindicina di giorni fa. L’inchiesta nelle mani del pubblico ministero Antonio de Lorenzi mira ora a chiarire come la banca abbia potuto far registrare sofferenze (ovvero prestiti o mutui non rientrati) di tale importo. Si sospetta - sempre secondo l’Ansa - che parte del denaro sia stato distratto a favore del vertice amministrativo. Nel periodo preso in esame dall’inchiesta il presidente era Claudio Bin, il direttore generale Giannantonio Bianchin e il suo vice direttore Michele Baseggio. Il fascicolo farebbe riferimento, tra l’altro, a concessioni di fidi e finanziamenti a società non del territorio, fuori zona di competenza della banca. Alcune di queste società sarebbero state poi “svuotate”: i loro vertici sarebbero oggetto di indagini da parte della procura di Aqui Terme per associazione per delinquere, truffa e riciclaggio.
Gli anni di gestione 2007-2010 sono ora sotto la lente della procura trevigiana, per capire come sia stato possibile concedere finanziamenti e fidi di cui avrebbe beneficiato anche uno degli indagati. Fidi dati oltre il tetto di affidamento, anche se sarebbe stato noto che le società beneficiarie stavano per essere messe in sofferenza, portando in dote alla banca perdite milionarie. Una sorta di saccheggio consapevole. Sembra inoltre che alcuni finanziamenti siano stati concessi a ditte i cui soci sarebbero legati da rapporti di lavoro e di parentela con alcuni degli ex massimi dirigenti della banca, infrangendo così gli obblighi previsti dal codice etico aziendale. Da chiarire, inoltre, se i finanziamenti siano stati concessi dai vertici senza che ne fosse a conoscenza il cda, e in alcuni casi anche contro il parere dell’ufficio fidi.
L’indagine della Procura arriva alla fine di un quadriennio drammatico per la banca, sia dal punto di vista della governance che dei conti. A febbraio del 2008 l’allora direttore Giannino Tottolo fu sospeso per mano del cda, e lo stesso direttore intentò una causa (poi vinta) al giudice del lavoro per la riammissione. Ne è nata una causa civile ancora in corso. A settembre 2010 un altro scossone, clamoroso: il cda ha sfiduciato (con sei voti su undici) il presidente Claudio Bin, che a ottobre sigla un accordo di “buonauscita” che prevede anche una manleva, ossia un impegno formale reciproco a non avanzare richieste né a sollevare controversie post-divorzio. Ad agosto del 2011 anche Bianchin lascia la Bcc. E, prima di questo terremoto giudiziario, un mese fa il cda ha messo nero su bianco un bilancio 2011 con 23,2 milioni di euro di perdita netta e «accantonamenti per rischi su crediti» pari a 45 milioni di euro. Proprio i 45 milioni del “buco” finito sotto la lente della magistratura. Suona come una resa dei conti. «Abbiamo fatto pulizia, prima delle persone, ora del bilancio», ha detto ieri il consigliere Riccardo Zanchetta, vertice della “fronda” che silurò Bin «e ora speriamo anche di mentalità. Ben venga questa indagine, sono contento. E fiducioso».
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