Boom di sartorie cinesi «Occupano i nostri vuoti»

Tre botteghe sono sorte in centro storico e a Guarda, aperte anche la domenica L’imprenditore Stefano Zanatta: «Ve bene, ma si adeguino alle nostre regole»
Di Enzo Favero
Borghesi Montebelluna laboratori cinesi, via Dante Alighieri
Borghesi Montebelluna laboratori cinesi, via Dante Alighieri

MONTEBELLUNA. Le sartorie cinesi fioriscono come funghi in città: due sono state aperte in centro storico, in via Dalmazia e in via Dante Alighieri, una a Guarda, in via Risorgimento. Un piccolo locale, una insegna luccicante, la dicitura "Sartoria da Chen". E ritorna uno di quei lavori che erano scomparsi dallo scenario dell’economia locale.

Quindi non solo bar, ristoranti e bancarelle del mercato, per gli orientali di casa nostra, ma anche lavori che erano stati abbandonati o che al massimo si svolgono a domicilio tramite i negozianti che vendono abbigliamento. A dire il vero una piccola sartoria tutta italiana era stata aperta da una cooperativa, nel complesso di Bici Factory. Ma un po' nascosta.

I cinesi invece hanno aperto lungo strade frequentate, tengono aperto anche di domenica e a quanto pare di lavoro ne hanno molto. Fenomeno di cui non stupirsi dal momento che quello di piccole riparazioni di abiti è un settore di cui evidentemente si sentiva il bisogno. «È un fenomeno logico -dice Stefano Zanatta, artigiano del settore delle confezioni, che va a vendere i suoi prodotti anche in Cina e tutto sommato sotto casa si trova ora i sarti cinesi con le loro botteghe- bisogna tener conto che dove si estingue qualcosa, arriva sempre chi occupa il posto rimasto vuoto. Di sartorie dove fare le piccole riparazioni, mettere una toppa, cucire una cerniera, non ce n'erano più. La gente doveva andare in negozio o conoscere qualche sarta che ancora faceva riparazioni in casa. Questo vuoto è stato riempito ora dai cinesi che evidentemente hanno visto che c'era lavoro. È uno degli effetti della globalizzazione e come tale va letto». E infatti a Montebelluna prima ha aperto la bottega di via Risorgimento e poi, in breve tempo, ne hanno aperte altre due in centro storico. Tutto a posto allora? «Io però chiederei che fossero messi dei paletti a queste attività che vedono protagonista l'imprenditoria straniera -aggiunge Stefano Zanatta- innanzitutto imparare la lingua italiana e poi fare un corso di formazione sulle norme che regolano l'attività imprenditoriale, perché magari pensano che valgano le stesse regole del loro paese d'origine mentre non è affatto così». Quindi sartorie cinesi per piccole riparazioni, ormai. «Però io noto un calo nell'imprenditoria cinese manifatturiera - afferma Stefano Zanatta - anche tra i cinesi che sono qui comincia a pesare la mancanza di ricambio generazionale, perché i giovani tendono ad abbandonare le attività manifatturiere a favore dei servizi, preferiscono gestire bar e ristoranti anziché fare lavori manuali. Ma se calano loro col tempo certamente arriveranno altri a riempire il vuoto che eventualmente lascerebbero nelle lavorazioni manifatturiere, ormai è così».

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