Battesimi e padrini. Don Paolo, di Vittorio Veneto: «Tanti, troppi conviventi: vanno aboliti»

VITTORIO VENETO. I padrini e le madrine per il battesimo e la cresima? Meglio abolirne la figura, piuttosto che finire in contrasto con le famiglie dei bambini o dei ragazzi perché quelli individuati dai genitori non solo padrini o madrine canonicamente ammissibili. Magari perché conviventi, separati o divorziati.
A sostenere questa posizione è don Paolo Cester, parroco di Santa Lucia di Piave, un prete giovane, apprezzato per la sua vivacità pastorale. E non è il solo a pensarla in questo modo. Tanto che la sua proposta trova spazio sul settimanale diocesano L'Azione, anche se il direttore don Alessio Magoga gli risponde che, comunque, la presenza almeno di un testimone, in alternativa di un padrino o di una madrina «resta un'opportunità». In altre parole, è opportuno non fare tabula rasa.
D'altra parte, si tratta di figure storiche - quelli dei padrini e delle madrine -, ricordate con affetto dai 'figliocci', non fosse altro per i regali che ricevono. «Il tempo che, come parroco, devo dedicare a questo argomento non è certo perso, ma è sempre più sproporzionato rispetto a questioni più essenziali - lamenta don Cester -. Infatti quasi la metà delle persone che chiedono l'idoneità a svolgere questo ruolo si trova nella situazione di non poterlo fare, a norma del diritto canonico, e le chiacchierate che ne seguono sono spesso complesse». Con gli interessati, ma prima ancora con i genitori. Dire di no a un padrino; spiegargli che non può educare alla fede il cresimando perché è un convivente o un divorziato, non è semplice. «Non c'è quasi più traccia, nella coscienza delle persone- rileva don Cester - che essi sono espressione della comunità ecclesiale che accompagna i genitori nel difficile compito di educare alla fede e siano invece percepiti esclusivamente come persone che godono della stima dei genitori».
Non solo, le norme della Chiesa 'ad excludendum' sono percepite semplicemente come una bigotta ingerenza ecclesiastica sulle scelte delle famiglie. E il prete che cerca di far comprendere il valore che sta a fondamento delle norme è percepito come cattivo e non accogliente.
Quindi? «Un po' per provocazione, un po' per convinzione, mi chiedo - conclude don Paolo - se oggi la figura del padrino dica davvero qualcosa di buono alla nostra gente. La normativa, mi pare, non esprime più il desiderio della comunità di stare a fianco ai genitori attraverso una persona incaricata ma, al contrario, è percepita come chiusura e vista come un approccio legalistico della Chiesa. Forse siamo noi preti incapaci di trasmetterne il senso... o forse si tratta di una figura che ormai ha smarrito il suo significato, e se così fosse non credo sarebbe un tradimento sopprimerla».
Solo due anni fa, anche i vescovi del Nordest si sono interrogati su questa figura, proponendo, come integrazione, la figura del testimone o di un accompagnatore scelto fra i catechisti o gli educatori della parrocchia. Sembra, però, che questa opportunità non abbia attecchito. «Il padrino o la madrina non è obbligatorio: non è necessario averlo a tutti costi, dal momento che il compito dell'educazione alla fede spetta in primo luogo ai genitori. - risponde a don Cester il direttore de L'Azione don Magoga -. Tuttavia sopprimere tale figura - in modo obbligatorio e per tutti - sembra piuttosto complicato, dal momento che il codice la prevede e se una famiglia la chiede per il proprio figlio ritengo che non sia possibile negargliela. Da questo punto di vista, la figura del testimone - la prima possibilità - può essere un'opportunità».
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