Bandiera bianca della Panto: è fallimento

Niente concordato preventivo per la Panto spa: l’azienda ha chiesto l’auto-fallimento. La domanda è stata depositata alla sezione fallimentare del tribunale di Treviso, subito comunicata alle parti sindacali dal commissario incaricato del concordato. Il tutto a pochissimi giorni dalla data fissata per l’adunanza dei creditori, appuntamento stabilito dalla procedura per la votazione che avrebbe determinato il percorso da seguire: concordato o fallimento? L’azienda ha deciso di anticiparli, dichiarando autonomamente la propria insolvibilità.
Due le ragioni possibili alla base di tale decisione: la consapevolezza che i creditori avrebbero comunque scelto quella strada, oppure la coscienza che quei debiti non sarebbero mai stati ripagati.
La svolta non dovrebbe intaccare la prosecuzione dell’attività ora in mano alla Panto Finestre Srl partecipata da un imprenditore dell’Arabia Saudita che ha permesso il riassorbimento di 83 lavoratori su 116. Ma sicuramente causerà qualche disagio, almeno di ordine burocratico: la richiesta di cassa integrazione straordinaria per gli esuberi e il contratto di affitto del ramo d’azienda ora dovranno rientrare nel fallimento, non appena verrà nominato il curatore. «Noi abbiamo chiesto la cassa integrazione per il concordato, dodici mesi in tutto, ora, non appena verrà nominato il curatore sarà nostro compito trasformare la domanda e trovare gli ammortizzatori idonei» ha spiegato Francesco Orrù, della Filca Cisl, «La cassa integrazione non è stata ancora approvata dal Ministero. Questa partita era già confusa e complessa, ora questa notizia di presentazione di autofallimento crea ulteriore disagio ai lavoratori e ulteriori problematiche da sbrogliare. I lavoratori attendono ancora complessivamente tre mensilità e il fondo pensione».
Lo scorso gennaio la Panto Spa era stata ammessa al concordato preventivo. Il Tribunale di Treviso aveva accolto la richiesta presentata dall'azienda di San Biagio di Callalta, in liquidazione: dopo la vendita dei beni dell'impresa, ai creditori chirografari sarebbe stato riconosciuto il 22,13% delle somme vantate. Il debito totale dell'industria di serramenti si aggirava intorno ad una quindicina di milioni di euro: circa 10 quelli verso le banche, 2 e mezzo a fornitori e rappresentanti commerciali, altrettanti verso dipendenti e Stato. Spettava a loro decidere se accettare o meno la proposta. Poi l’azienda ha accelerato e sorpreso tutti.
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