Banconote, bolli e assegni, storia e segreti dei soldi

In Tipoteca Italiana a Cornuda un’esposizione sulla fabbricazione delle cartevalori. La profezia olandese: «Nel 2030 addio contanti, solo pagamenti elettronici»

CORNUDA. Secondo esperti olandesi, tra meno di quindici anni - nel 2030 - scomparirà del tutto l’uso della cartamoneta. Il trasferimento, anche di piccole somme per acquisti modesti, avverrà solo attraverso pagamenti elettronici. Con il telefonino o con chiavette simili a quelle che usiamo alle macchinette per il caffé.
Assume dunque ancora più valore la mostra “Come si fanno i soldi. Fabbricare banconote, francobolli, assegni” aperta alla Tipoteca Italiana di Cornuda, nel Trevigiano, curata da Luigi Lanfossi in collaborazione con il Museo della stampa di Lodi (aperta fino al 16 luglio, tutti giorni feriali dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, al sabato solo al pomeriggio). Non un romantico omaggio quasi postumo a un’arte che, nel corso dei secoli, ha mostrato, come poche altre, eccellenti talenti - anche in Italia - ma un razionale disegno che vuole fissare i principali aspetti dell’arte tipografica e della stampa nel luogo che sta diventando sempre di più il punto di riferimento italiano ed europeo della stampa e del carattere, la Tipoteca appunto.

Tra vecchie macchine da stampa e profumo di inchiostro è possibile così ricostruire la storia delle cartavalori, una denominazione dentro la quale vengono considerati biglietti di banca e di Stato, marche da bollo, francobolli, titoli azionari, persino biglietti del cinema e dello stadio, titoli insomma che custodiscono un valore economico. Un percorso profondo e anche divertente, che spiega le caratteristiche della stampa filigranata, che in Italia nasce a Fabriano nel XIII secolo, descrive il filo di sicurezza inserito nella banconota, illustra i metodi di stampa calcografica, offset, a caldo e ad ologrammi. Tutti accorgimenti che contribuiscono a rendere la carta moneta quasi assolutamente non riproducibile se non da professionisti del falso. E una delle sezioni è proprio dedicata agli “amici” falsari, che sono sempre esistiti anche se negli ultimi anni la loro attività è resa più difficile dalle sofisticate tecniche usate dagli istituti di emissione.

In attesa della completa “demateralizzazione”, consoliamoci dunque con le storiche mille lire emesse nel 1897 dalla Banca d’Italia e durate più di un secolo, dalle note della famosa “Se potessi avere mille al mese”, dal Gronchi Rosa prodotto nel 1961 con un marchiano errore nei confini del Perù e venduto in più di 79 mila esemplari che hanno fatto la fortuna dei filatelici, fino all’esperienza lampo dei mini assegni emessi tra il 1975 e il 1978 per sopperire alla carenza di monete metalliche. Banconote addio, dunque. La profezia di Sandro Berra, custode del museo Tipoteca Italiana che ha raccontato la tesi degli esperti olandesi, non è del tutto sovrapponibile a quella del curatore della mostra, Luigi Lanfossi: «Io credo» spiega «che come la televisione non ha ucciso la radio ma anzi le ha regalato una seconda giovinezza, così il digitale non ucciderà la carta. Avranno usi e diffusione diverse, ma continuerà a esistere un certo tipo di cartavalori». Che, detto per inciso, per le esigenze di resistenza è sempre stata realizzata in fibre di cotone o di canapa, più forti della tradizionale pasta di legno con cui vengono fabbricati i moderni libri. I quali non a caso si sbriciolano dopo pochi anni mentre quelli stampati fino a cinquant’anni fa resistono a traslochi multipli, ripetute letture e disordinati maneggiamenti.

La certezza di Lanfossi sulla sopravvivenza della carta si sposa con il giudizio sulla Tipoteca di Cornuda: «Per numero di pezzi, di caratteri e livello di attività questo museo non ha nulla da invidiare a quello di Magonza, legato al nome di Gutenberg» spiega il ricercatore e storico. Non è un caso se questo museo del carattere e della tipografia, unico nel suo genere, sia nato per iniziativa privata di fratelli Silvio, Carlo, Mario e Franco Antiga proprio nella terraferma veneziana culla della tipografia italiana.
Anche per questo dunque il viaggio proposto lungo la storia della fabbricazione di banconote è ancora più affascinante e interessante, perché alterna le radici medioevali europee di questo strumento - nato in Cina, peraltro - all’uso quotidiano degli spiccioli fino ai divertenti siparietti con l’assegno da “un milione” del Signor Bonaventura e alla proverbiale e simpatica avarizia del papero che nuota nel suo deposito di denari. Speriamo ci resti almeno zio Paperone.
 

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso