Baccalà, storia di famiglia una ricetta lunga 150 anni

NERVESA
Di baccalà ce no sono molti: alla vicentina, alla livornese, alla francese, e si dice che in Portogallo ce ne sia una ricetta per ogni giorno dell’anno. Ma se lo si chiede all’antica osteria da Milork a Sovilla di Nervesa si capisce che è stato ordinato un piatto unico al mondo: “il baccalà alla Milork”. «Nasce da cinquant’anni di sperimentazioni di nostro padre Fabio, ma la ricetta base dovrebbe averne circa 150», spiegano i fratelli Simone e Marco Livotto, che sono la quarta generazioni dei gestori di Milork, un locale nato nel 1880 in una villa del 1554 e battezzato con il soprannome di famiglia la cui genesi è particolare.
«Nostro bisnonno Augusto – raccontano i pronipoti – prima di aprire il locale era emigrato in America in cerca di fortuna. Quando tornò in paese tutti gridavano: “È tornato il milord, è tornato il milord!”, poi storpiato in milork, ed proprio con questo soprannome che decise di battezzare il locale. Il fondatore lasciò poi l’osteria a nostro nonno Giulio», continuano i due osti. Giulio Livotto passò poi il testimone al figlio Fabio, classe 1941, che ha gestito per decenni il locale con la moglie Maria Grazia Furlanetto, per tutti “Grazia”, per poi passarlo ai figli e alla nuora Roberta Furlan.
È proprio a lui che si deve il baccalà alla Milork per cui nel periodo di in cui da novembre a marzo il locale è visitato dai suoi appassionati. «Circa cinquant’anni fa un’anziano di Nervesa che era un cuoco “par i siori” (per persone di un certo livello, ndr) ha organizzato da noi un pranzo preparando lui stesso il baccalà che chiamava “alla francese”. Era buonissimo e mi sono fatto insegnare la ricetta e seguire da lui, poi però ho fatto continue innovazioni, l’ultima della quale è stata togliere la pelle per renderlo più delicato», spiega Fabio Livotto.
La ricetta segreta nata circa 150 anni fa e migliorata per un cinquantennio non si prepara velocemente: il venerdì viene acquistato il migliore baccalà “ragno” reperibile, si fa una prima diliscatura (si tolgono cioè le lische e le spine principali) e lo si taglia, poi lo si mette a mollo per tre giorni facendo quattro cambi d’acqua. Poi, dopo avere fatto una seconda diliscatura e un secondo taglio, lo si fa asciugare per un giorno e finalmente il mercoledì lo si prepara: i filetti senza pelle vengono ammorbiditi leggermente con il latte e messi in pentola assieme ad olio extravergine d’oliva, burro, formaggio grana, pepe e a uno speciale pesto di prezzemolo aglio e acciughe. Si fanno vari strati di questi ingredienti a mo’ di pasticcio per ottenere una pentola da 30 chili che viene cotta a bagnomaria e a fuoco lento all’interno di un’altra per cinque ore, facendo bene attenzione che il livello dell’acqua sia sempre superiore a quello del baccalà. E poi ci sono alcuni trucchi che gli osti custodiscono gelosamente, frutto di una storia di famiglia secolare e della loro continua voglia di coniugare tradizione e modernità. —
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