Assolta, la rom denuncia lo Stato
Arrestata con l'accusa di aver fatto 4 furti: «Sono stata discriminata»

Una veduta di via Bindoni, dove abita la donna
Rom fa causa allo Stato. Era accusata di fare parte di una banda di «finte badanti», che derubavano gli anziani: in tutto le venivano contestati 4 furti, ma ieri il tribunale di Belluno ha dichiarato la sua innocenza. Lei è Katy Levacovic, trentasettenne rom residente a Treviso, che ora chiederà risarcimento danni allo Stato.
In un periodo in cui non si smorzano le tensioni attorno alla comunità Rom, arriva questa sentenza e la successiva decisione della donna di fare causa allo Stato per ingiusta detenzione. Sollevata per la sentenza con la quale è stata prosciolta da ogni accusa, Katy Levacovic, rom trentasettenne residente da anni in via Bindoni, prova ancora un forte rancore contro il trattamento che le è stato riservato: «Se la prendono con noi solo perché siamo rom - ha dichiarato la donna al termine dell'udienza - mi sono venuti a prendere e mi hanno portata via in manette davanti ai miei figli, ho trascorso giorni in prigione e ai domiciliari ed ero innocente. Ora pretendo mi risarciscano». Dieci giorni di carcere a Belluno e altri due mesi ai domiciliari nella sua abitazione trevigiana. La donna era accusata di furto in concorso continuato: quattro i colpi contestati, di cui uno solo tentato, messi a segno nel Bellunese, tra Sedico, Limana e Trichiana, tra la fine del 2008 e lo scorso agosto. Secondo l'accusa la Levacovic, difesa dall'avvocato Andrea Zambon, era il boss di una banda composta da altri due elementi Maria Olivieri di 32 anni e Genni Levakovic di 22, entrambe trevigiane. Le tre amiche partivano in spedizione da Treviso per raggiungere le zone di montagna dove individuavano gli anziani da raggirare e derubare. Secondo l'accusa della Procura di Belluno, dopo un periodo di osservazione scattava la trappola: una delle tre avvicinava la vittima prescelta inventando una scusa, stordiva l'anziano con le chiacchiere, mentre le altre due entravano nell'abitazione e la svaligiavano. I carabinieri erano risaliti alle tre dopo che una delle vittime era riuscita a trascrivere il numero di targa della Hiunday con la quale si erano allontanate. Si erano quindi recati nell'abitazione della Levacovic e l'avevano prelevata e condotta in carcere a Belluno dove aveva scontato 10 giorni poi altri 2 mesi ai domiciliari. «Sono arrivati a bordo di 5 auto, hanno circondato la mia casa - continua la Levacovic - nemmeno fossi un criminale ricercato». La donna, madre di 4 figli di cui il più piccolo ha 9 anni, ieri è stata prosciolta dalle accuse: nessuna delle vittime chiamate in aula come testimoni l'ha riconosciuta. Ora però la donna, che ha sempre professato la sua innocenza, vuole giustizia e un congruo risarcimento: l'avvocato difensore infatti ha già annunciato ricorso verso lo stato italiano per ingiusta detenzione.
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