Apre il 3 novembre a Montebelluna il Memoriale Veneto della Grande Guerra

La “Grande carneficina” terminò a villa Giusti di Padova con la firma dell’armistizio tra Italia e Austria, il 3 novembre del 1918, mettendo ufficialmente fine alla Grande Guerra dopo quasi 3 anni e mezzo di sangue e distruzioni, un abisso di orrere che quantifica le vittime tra 15 e 17 milioni, militari e civili, un numero spropositato di feriti e invalidi, senza contare i profughi costretti ad abbandonare per anni case e terre, e le distruzioni. Il sangue di molte di quelle vittime hanno bagnato il Montello, il Piave e il monte Grappa fino al 3 novembre del 1918. È nell’anniversario di quella firma che il Comune di Montebelluna e la Regione Veneto taglieranno il nastro del “Meve”, il Memoriale Veneto della Grande Guerra a villa Pisani di Montebelluna.
Nessun intento celebrativo nella realizzazione del Memoriale: «Quello che qui si sta creando – chiarisce Marzio Favero, sindaco di Montebelluna e studioso attento della società contemporanea – è un “luogo di riflessione”, di ispirazione francese, dove il visitatore si reca per trovare una chiave interpretativa degli eventi della I Guerra e dal quale partire per percorsi sul territorio, in altre sedi museali, centri visita e strutture belliche (trincee, bunker, gallerie) ed eventi: teatri, mostre, convegni».
Chi lo ha visitato, pensi al Memoriale dell’Olocausto di Berlino, non certo per i 2711 parallelepipedi in cemento che ne coprono l’area, quanto per il percorso didattico e per il modo in cui sono poste le testimonianze. E ciò vale per diversi Memorials nei paesi dello sbarco in Normandia del 1944. Senza scomodare il manichino del paracadutista sospeso sul campanile di Sainte Mère Église, valgono le voci, il sibilo delle bombe che cadono, il boato delle esplosioni, il tuono dei cannoni, il riverbero degli incendi, il crepitare delle mitragliatrici, i lamenti dei feriti e dei morenti, gli ordini secchi dei generali, le nuovole del gas che si diffonde nelle trincee lasciando i soldati con gli occhi increduli e sbarrati nel nulla della morte. Ci si immergerà in quella carneficina, tra le bombe che cadono e le rovine fumanti che emergono al diradarsi del fumo, entrando al Meve, che in 2100 metri quadri di percorso, propone un nuovo modo di guardare alla guerra in relazione all’ambiente, ai paesaggi e agli uomini. Molta attenzione viene riservata alla potenza scientifica o organizzativa dispiegata, aspetti destinati a riverberarsi nel progresso delle tecnologie, delle ricerche ma anche della società nei decenni successivi.
«A distanza di 100 anni, il Meve si propone come una memoria consapevole che conduce ognuno a fare un’esperienza, allo stesso tempo lucida ed emozionale, dell’apocalisse della modernità. Con l’obiettivo di interpretare il presente, attualizzando un evento che non può essere consegnato a una fase storica conclusa in sé stessa, perché le sue conseguenze continuano a plasmare la nostra contemporaneità». Immagini e storie per riflettere sul valore dei 70 anni di pace che viviamo, evento mai verificatosi prima nella storia dell’Europa e dell’umanità. —
Giorgio Sbrissa
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