Ammanchi al Chiodo, 3 mesi a Caodaglio

Porta a casa la seconda assoluzione Roberto Artuso, l’amministratore accusato di aver creato diversi ammanchi in condomini di Treviso. La stessa sorte non è però toccato alla moglie, Cristina Caodaglio, condannata a tre mesi e al pagamento di 15.000 euro di provvisionale alla parte civile. È quanto è stato stabilito ieri pomeriggio in tribunale a Treviso dove la coppia era seduta sul banco degli imputati per gli ammanchi al condominio “Il Chiodo” di via Montello 91.
Artuso e la moglie, in qualità di legale rappresentante della ditta “Amministrazioni Restera Srl”, erano accusati del reato di appropriazione indebita in concorso. All’appello infatti mancavano poco più di 53 mila euro, le somme versate dai condomini a titolo di quote o spese per la gestione del condominio nel periodo tra gennaio e dicembre 2012.
I condòmini, assistiti dall'avvocato Stefano Zoccarato, si erano costituiti parte civile nel procedimento per ottenere il risarcimento del danno. Secondo quanto raccolto dal pubblico ministero Giovanni Valmassoi in fase di indagine, la Amministrazione Restera avrebbe omesso di effettuare pagamenti e bollette nei confronti di una decina di società. In altre parole i due imputati erano accusati di aver utilizzato i soldi del conto corrente del condominio di via Montello, versati dagli inquilini del palazzo per pagare le spese, per saldare i conti di altri palazzi. Una “partita di giro” che per la Procura è, di fatto, un'appropriazione indebita.
Secondo l'accusa i soldi che dovevano essere impiegati per pagare l’Enel (fornitura di energia e gas), Alto trevigiano servizi srl, Otis servizi srl, sarebbero stati utilizzati per coprire le spese di altri condomini: poco più di tremila euro sono stati versati nel conto della Residenza Margherita, 750 al comparto Pisa, oltre settemila alla stessa Cristina Caodaglio. E poi una serie di altri piccoli bonifici finiti ovunque, tranne che per pagare i conti del condominio “Il Chiodo”. L'avvocato degli imputati, Rossella Martin, ha ridimensionato le accuse ai suoi assisti e nella fase dibattimentale ha dimostrato che moltissime somme erano già state pagate.
Oltre ai due filoni di indagine già sfociati in un processo penale, il “caso-Artuso” ha ancora diversi fronti aperti. Le segnalazioni di ammanchi sono tante, c’è pure un’indagine per chiarire se e a quanto ammonta il danno patito da Comune e Ater per i possibili buchi nei bilanci condominiali dei palazzi amministrati dalla Restera. Per questo nei mesi scorsi Ca’ Sugana e Ater hanno definito la linea da imboccare per gestire il caso. Entrambi, infatti, risultano coinvolti in quanto proprietari o gestori di appartamenti o palazzi affidati all’amministrazione condominiale di Roberto Artuso e della moglie Cristina Caodaglio.
Nel marzo di un anno fa si era chiuso con due assoluzioni il processo relative ai condomini ex Gescal "B" e "D". Il primo processo a carico dei due si era aperto nel 2013: secondo la denuncia, presentata da alcuni inquilini gli amministratori si sarebbero intascati prima circa 58.900 euro, poi altri 34.500. Il capo di imputazione fa riferimento a presunte «richieste di somme non veritiere» ai condómini da parte degli amministratori. Artuso e Caodaglio erano accusati di truffa perché «con artifici e raggiri, con richiesta di somme di denaro non dovute, inducendo in errore i condómini, si procuravano l'ingiusto profitto pari alle somme rateali versate». Anche in quel caso vennero assolti.
Giorgio Barbieri
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