«Amianto? Prova a contattare Cosmo» L’intercettazione chiave sullo scandalo cave a Treviso

TREVISO. L’indagine dei carabinieri della forestale e della procura di Venezia che ha portato al maxi sequestro di 280 mila tonnellate di materiale inquinato tra la cava Campangole di Paese e lo stabilimento Cosmo a Noale, è partita da una intercettazione telefonica. Una comunicazione fra terzi, “addetti ai lavori”, che nel Veneziano discutevano su come e dove smaltire materiale inquinato da amianto.
la telefonata. Siamo nel 2015. Gli uomini della guardia di Finanzia mettono sotto controllo alcune utenze nell’ambito della grande e inchiesta sugli appalti che pochi mesi dopo avrebbe portato all’arresto di un dirigente della Veritas, Claudio Ghezzo (a luglio ha patteggiato 32 mesi), ed altre due persone. Due persone impiegate nel mercato dei rifiuti discutono a lungo su come togliere di mezzo del materiale contenente amianto. Dovrebbe essere trattato come rifiuto pericoloso, non avviato a trattamenti o impianti non abilitati. Ai dubbi del primo su che fare, risponde l’altro suggerendo possibilità per risolvere il problema. Riassunto, il dialogo indicherebbe la Cosmo come destinazione possibile del materiale. I Finanzieri capiscono che quel dialogo può sottendere ben altri problemi oltre a quelli su cui stanno indagando e girano tutto alla procura di Venezia che attiva immediatamente i forestali. I carabinieri fanno partire l’indagine mettendo sotto osservazione la Cosmo, i suoi cantieri e i suoi depositi, anche quelli non autorizzati come l’ex cava Campagnole.
sigilli al raccordo. Il sospetto indotto dall’intercettazione si trasforma in un fatto quando i forestali individuano tracce di amianto nel materiale trattato dalla Cosmo. Dove? Nelle pertinenze dell’azienda e nel cantiere per la realizzazione del raccordo autostradale tra A4 e A13 ad Albignasego. Tutto viene posto sotto sequestro, compreso il materiale depositato nel padovano per realizzare lo svincolo e che poi verrà messo in sicurezza e “tombato” sotto il sedime della nuova strada.
Diverso invece il caso dei materiali in azienda. I carabinieri individuano amianto in un cumulo nello stabilimento di Noale, e in parte dell’immensa mole di depositi di trattamento stoccati senza autorizzazione all’interno della ex cava Campagnole e destinati alla terza corsia A4.
Le indagini in cava. Inizialmente (fine 2015) alla Campagnole viene sequestrato solo un cumulo, ma nuovi sopralluoghi evidenziano che c’è amianto anche altrove, e le aree sequestrate diventano tre. Ma le indagini non sono finite, perchè per accertare la qualità dei terreni si effettuano carotaggi e analisi chimiche che evidenziano la presenza di inquinanti con livelli fuorilegge: rame, selenio, piombo, ... mentre il cumulo, costituito di fatto dal risultato del trattamento di pulizia di materiale inquinato avvenuto nell’impianto di Noale avrebbe dovuto essere “pulito”.
La versione di cosmo. L’azienda contesta i rilievi e le colpe, spiegando che i livelli di inquinanti sono manifestati dopo le analisi chimiche fatte al termine del trattamento (che erano a norma), nel momento in cui al materiale trattato in azienda è stato aggiunto cemento e altri additivi per renderlo adatto a diventare sottofondo stradale. C’è stata una reazione chimica, di cui Cosmo non ha responsabilità. E l’amianto? «Del tutto inaspettato perché quota parte dei rifiuti era derivante da demolizioni di manufatti non contenenti amianto» scrive l’azienda.
l’accusa. Diametralmente opposta la versione della Procura che dopo due anni di ulteriori accertamenti, indagini su fornitori, verifiche, analisi di Arpav fa scattare il maxisequestro alla Campagnole. Secondo l’accusa, cristallizzato il caso amianto (che c’è, e Cosmo chiede di smaltire attivando un impianto di selezione interna senza precedenti in Veneto, e tale da darle un primato sul mercato), gli inquinanti nel materiale stoccato irregolarmente nell’ex cava ci sono perchè invece di ripulire con lavaggio o riscaldamento i rifiuti che le venivano portati inquinati all’impianto, la Cosmo li mescolava con altre partite pulite diluendo la percentuale di inquinanti, che secondo i documenti risulterebbero infatti essere li stessi presenti nelle materie in entrata. Ipotesi che dimostrerebbe un dolo che, legato all’ingente quantità di materiale e al potenziale ingente profitto che avrebbe dato il suo utilizzo nei grandi cantieri A4, ha trasformato l’accusa da “gestione non autorizzata di rifiuti”, a “traffico illecito di rifiuti”.
Come già scritto dal nostro giornale, dal 2016 Regione e Comune sapevano della presenza di inquinanti. Avrebbero potuto ordinare la rimozione del materiale ma non l’hanno fatto limitandosi a diffide ignorata dalla Cosmo. Una particolarità che non trova spiegazioni nel principio di tutela dell’ambiente e della salute.
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