Amarcord Treviso: dieci anni fa l'esordio in serie A con l'Inter

Debutto a San Siro per la squadra portata tra le stelle da Bepi Pillon. L'esodo di duemila tifosi e la tripletta dell'imperatore Adriano

TREVISO. "Non ce la faccio, troppi ricordi", direbbe Giovanni del trio con Aldo e Giacomo. Eh sì, sono già passati dieci anni: esordio del Treviso in serie A, era il 28 agosto 2005.

Esordio, e che esordio: nella Scala del calcio, San Siro, contro l'Inter di Figo, Zanetti, Recoba, Stankovic. Handanovic giocava con noi, ma non se la passò benissimo: tripletta dell'"imperatore" Adriano, allora incontenibile. Tre a zero e a casa, ma che giornata memorabile.

Era il Treviso portato in A da Bepi Pillon e lì guidato da Ezio Rossi e Alberto Cavasin (poi anche Diego Bortoluzzi). Tre allenatori, non un gran segno: la squadra, infatti, finì ultimissima con 20 punti. Ma non pensiamoci, pensiamo alla pelle d'oca di quell'esordio a San Siro.

Con mister Ezio Rossi in tribuna, squalificato dal campionato precedente, il Treviso oppose una mezz'oretta di bella resistenza davanti a 2.000 tifosi nostrani, prestazione dignitosa di una squadra, quarta in B, ripescata per pasticci altrui ed assemblata dal bravo Giovanni Gardini, ora al Verona, in nemmeno tre settimane.

Primo gol con Adriano che si accentrò, evitò Lorenzi quindi chirurgico sinistro rasoterra. Poi Julio Cesar neutralizzò Reginaldo (38'), Gallo e Pinga (43'). Nella ripresa il Treviso provò anche ad attaccare, poi la palla finì a Stankovic che servì al centro Adriano: controllo e tocco delizioso a superare l'incerto Handanovic, che 7 anni dopo, molto più maturo, sarebbe diventato interista ed il noto pararigori. Al 34' ci fu il tris su un'incursione di Pizarro che servì ad Adriano una caramella davanti al portiere: altro rasoterra di sinistro dopo tocco di destro. A quell'Inter alla fine andò lo scudetto tolto alla Juve per le note ragioni, Treviso invece desolatamente ultimo a 21 punti, di cui il primo conquistato in casa del Chievo al sesto turno: gare casalinghe disputate prima all'Euganeo poi al Tenni.

Era il Treviso del munifico Ettore Setten, che inebriato dai contributi della serie A spese a piene mani, acquistò perfino un libico, Jehad Muntasser. E poi i gemelli Emanuele e Antonio Filippini, il brasiliano Pinga che Ezio Rossi, vecchio cuore Toro, prelevò dal suo Torino: dipinto come un mezzo fenomeno si presentò con una desolante pancetta, il suo flop ce lo ricordiamo ancora. «Per me non fu semplice mettere assieme in poco tempo vecchi e nuovi» spiega l'attuale mister del Casale Monferrato «io e Gardini oltretutto certi giocatori non li volevamo perché costavano troppo ma Setten, che per me era anche consigliato male da troppa gente, li pretese a tutti i costi. Risultato: casse vuote. Dopo 5 sconfitte di fila credevo di essere esonerato, invece mi cacciarono dopo un pari e da terz'ultimo. Per dire: dopo aver perso con l'Inter, ossia alla prima giornata, un dirigente andò a cena con Cavasin, che guarda caso mi sostituì alla 12ª giornata. E l'anno prima a Torino in B mi mandarono via da terzo».

A San Siro là davanti di palloni, come Reginaldo, Gigi Beghetto ne vide pochi. «In A ci avevo già giocato con il Chievo ma, certo, farlo in maglia biancoceleste e contro l'Inter per me fu speciale» racconta il bomber, oggi nel settore giovanile del Verona «E poi tutti quei tifosi trevigiani, li rammento tutti con grande affetto. Tutto sommato facemmo anche una discreta figura, personalmente non giocai nemmeno malissimo, a metà ripresa eravamo sotto di appena un gol e quel 3-0 fu per noi davvero eccessivo. Tenete conto che tanti giocatori erano appena arrivati ed il loro affiatamento non poteva essere al massimo. Ma la gioia di esserci la sentivo al massimo, sapevamo tutti che per il Treviso quello era un momento storico».

 

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