Alpini, il vescovo vieta i cori in chiesa L'ira di Gentilini: mai più messe in Duomo

Il vicesindaco di Treviso Giancarlo Gentilini furioso contro il vescovo che ha proibito di cantare 'Il Signore delle cime': «La prossima volta ce ne andiamo a San Francesco. Scenda fra il popolo»
PUCCI TREVISO ADUNATA SEZIONALE ALPINI, PARTENZA AL DUOMO E ALZABANDIERA INN SEDE VIA MONTELLO agenzia fotografica fotofilm
PUCCI TREVISO ADUNATA SEZIONALE ALPINI, PARTENZA AL DUOMO E ALZABANDIERA INN SEDE VIA MONTELLO agenzia fotografica fotofilm

TREVISO. «Mai più messe degli alpini in Duomo. La prossima volta ce ne andiamo a San Francesco». La sentenza - categorica - è stata emessa dal vicesindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, inossidabile penna nera, a capo ieri dei festeggiamenti per i 90 anni della sezione trevigiana degli alpini (1.500 i presenti), ai quali il vescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin non ha concesso l'esibizione del coro durante la messa celebrativa.

In settimana il presidente degli alpini di Treviso Luigi Casagrande aveva chiesto di inserire durante la funzione iniziata alle 9 in Duomo "Signore delle Cime", canto popolare di ispirazione religiosa tra i più rinomati nel repertorio delle penne nere. Una richiesta che ha trovato la cortese ma ferma risposta da parte del vescovo, che ha preferito lasciare intatto il rito canonico della domenica. «Anche il vescovo bisogna che scenda più tra il popolo. Mi è sembrato un po' stanco - ha tuonato durante la successiva sfilata Gentilini, cupo in volto durante la messa - Anche loro devono prendere atto che “l'attenti” si deve suonare in chiesa e Signore delle Cime si deve cantare. Sono canti sacri per noi alpini. Mi hanno detto che c'è stato un equivoco ma io equivoci non li voglio. Voglio chiarezza».

La città, bardata a festa con decine di tricolori lungo le vie del centro e sui balconi delle case dei trevigiani, ha visto quindi aprirsi una crepa tra il Gentilini, vero capopopolo ieri, votato ieri al tricolore e alla patria, e il massimo esponente della diocesi di Treviso, stimato in tutta la provincia. Una giornata partita tra gli applausi, seguiti all'uscita dalla chiesa cittadina delle Penne Nere, che hanno così commemorato la lunga storia del gruppo "Reginato", nato il 22 dicembre 1956 come Gruppo Alpini Treviso Città. Fuori dal tempio cittadino si è formato il lungo cordone di gonfaloni ed ex militari, partiti in marcia da piazza Duomo fino alla sede di via San Pelajo, dove c'è stato l'alzabandiera ed è stato intonato l'inno nazionale, cantato da tutti i presenti, esponenti del Carroccio compresi. L'unico invitato rimasto a bocca chiusa è stato il presidente della Provincia Leonardo Muraro, al quale devono essere fischiate le orecchie durante il discorso di chiusura delle autorità. Sul palco lo stesso Gentilini ha inneggiato alla Stato italiano: «Siamo il popolo che ama l'Italia e le sue leggi. Siamo la risposta ai fatti criminali che hanno colpito le città del nostro paese. Ma finché ci sono gli alpini non ci sarà da temere». A prodigarsi per la bandiera e l'amor di patria anche il prefetto di Treviso Aldo Adinolfi, anch'egli penna nera: «Questa celebrazione entra nel solco di quelle per il 150esimo dell'Unità d'Italia a cui va tutto il nostro rispetto. Gli alpini sono un esempio di solidarietà e di unione». Pronta la risposta del numero uno del Sant'Artemio: «Credo che l'autodeterminazione dei popoli sia l'espressione massima della democrazia». La festa è quindi andata avanti senza intoppi, con lo svelamento della targa affissa in un masso posto fuori dall'entrata della sede trevigiana e donata dal comitato Imprenditori veneti Piave 2000. Un pensiero è andato poi all'adunata nazionale, con la candidatura di Treviso prevista per il 2018.

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