Aeroporto di Treviso chiuso fino a ottobre. Gli albergatori: un disastro

Pozza: Mazzata all'economia della Marca. Cher: «O si allunga la cassa integrazione o avremo un esercito di disoccupati» Capraro: «Ci vorranno almeno due anni per tornare ai livelli pre Covid-19» 
ZAGO AG.FOTOFILM TREVISO AREOPORTO CANOVA X VOLI CANCELLATI
ZAGO AG.FOTOFILM TREVISO AREOPORTO CANOVA X VOLI CANCELLATI

«Un disastro». Giovanni Cher, presidente degli albergatori aderenti a Confcommercio, e titolare del Park Hotel Villa Fiorita a Monastier, è lapidario. «Come pensiamo di poter lavorare, con frontiere chiuse e aeroporti chiusi? Venezia ha tre voli al giorno, come pensiamo di poter contare sul nostro aerroporto? Mi pare evidente che ormai dobbiamo mettercela via, con il turismo in questo 2020, speriamo ci resti qualcosa fra business e commerciale con cui ripartire lentamente dopo l’estate».

La notizia del prolungamento della chiusura del Canova per tutta l’estate ha l’effetto di una mazzata, sul settore turistico prima che sul fiorente indotto, e sull’economia prima ancora che sulla città e la Marca.

«Non avevo buone sensazioni», conferma Federico Capraro, nella sua veste di albergatore prima che di presidente provinciale di Ascom-Confcommercio, «A questo punto confidiamo di poter ripartire davvero, anche se molto lentamente, a ottobre: la stagione è saltata, speriamo di poter tornare ai livelli pre Covid fra 2023 e 2024».

Fra i più allarmati, ma meno sorpresi, senza dubbio, Mario Pozza, numero uno di Camera di Commercio, che non a caso era partito in contropiede nei giorni scorsi prospettando anche una vocazione cargo per Treviso. «Non ho doti profetiche, sono semplicemente un imprenditore che ama il realismo, mentre qualcuno aveva forse gli occhi foderati di prosciutto», puntualizza, «Il Canova sta in piedi se riparte il turismo, ed è collegato a Venezia: due piste a così pochi chilometri stanno in piedi solo a pieno regime, e anche più. Solo uno sprovveduto può pensare a un sistema che tiene in vita due scali a regime ridottissimo, Save fa giustamente i suoi conti. Detto questo, non possiamo che essere preoccupati, questa chiusura prolungata rappresenta un ulteriore impoverimento dell’economia e di quanto gravita attorno al Canova, penso anche al Comune che ha il park più centrale. Il turismo paga più di tutti il conto di Covid, e qui serve un piano di rilancio vero, massiccio».

Anche Gianni Garatti, presidente della Fondazione Marca Treviso, è pessimista: «Una scelta logica, legata alle economie di scala, lo faccio io per la mia attività di albergatore, e lo fa Marchi per un colosso come Save», dichiara, «Purtroppo qui non è finita. Resta la speranza, bisogna assolutamente dare segnali, come ha fatto il Comune riaprendo la mostra di Santa Caterina. Sia chiaro, come turismo ci sarà poco o nulla per tutto questo 2020, abbiamo perso anche manifestazioni ed eventi, congressi, sport, festival. Spero che le istituzioni ci consentano di restare in piedi fino a febbraio 2021, perché anche gennaio sarà “morto”: devono dare aiuti veri, non scaricarci debiti».

E su questo anche Cher lancia un grido di allarme e del comparto: «Dobbiamo dimenticarci dei gruppi, che sono il 50% dell’intero movimento. Parlo degli americani da 100 euro e dei cinesi da 25», conclude, «Noi operatori sappiamo bene cosa portassero negli ultimi tempi nelle diverse realtà della nostra provincia. Questo mercato è sparito, completamente, noi siamo il settore più in ginocchio assieme a quello dei trasporti. Chi governa a ogni livello se lo metta in testa, o si prolunga ancora la cassa integrazione, per il nostro settore, o si profila un esercito di disoccupati». —

Andrea PAsserini

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