Abbazia di Sant’Eustachio un nuovo esposto all’Anac

NERVESA. Dopo che la stazione appaltante della Provincia ha sospeso la procedura della gara per l'assegnazione della gestione dell’Abbazia di Sant’Eustachio in attesa del pronunciamento dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Nervesa Bene Comune ha deciso di accendere un riflettore sulla vicenda convocando un incontro pubblico per mercoledì sera al ristorante “La Panoramica” e inviando un secondo esposto in cui puntualizza le contestazioni dell’affidamento. Obiettivo è di mantenere pubblica l’abbazia e nell'incontro di mercoledì sera confida di sapere a che punto è l'Anac. Era stato l'esposto di Nervesa Bene Comune a provocare la frenata dell'affidamento dopo che in Provincia era arrivata una sola offerta, quella di Ermenegildo Giusti. Nel nuovo esposto ai vari enti e soprattutto all’Anac, mette sotto accusa sempre il piano finanziario che ha portato a prevedere una durata di 80 anni della concessione. Ed ecco alcuni passi del nuovo esposto contro la concessione a un privato dell'abbazia: «Per il piano finanziario è evidente come risulti carente per il semplice fatto che non sono stati forniti gli elementi indispensabili per indicare un range attendibile di entrate attese e costi presunti. Questa metodologia avrebbe dovuto essere applicata per ogni voce: concerti, convegni e mostre negli spazi interni ed esterni, catering, sposalizi e feste varie, merchandising. Non è possibile sapere quali siano le potenzialità di massima e di minima se non si effettuano delle valutazioni comparate con realtà simili. Per ogni attività andava ipotizzato un bilancio di esercizio con costi, ricavi, ammortamenti, imposte e tasse ecc. Facciamo notare come passate amministrazioni nervesane abbiano già organizzato in proprio degli eventi in abbazia. Partire da quei dati certi avrebbe fatto comprendere le reali potenzialità della struttura. Ridurre il tutto a un “indimostrabile” euro/persona come fatto dal piano finanziario non riteniamo sia la strada corretta. Per l’uso del marchio riteniamo si sia agito con superficialità e approssimazione. Il marchio avrebbe dovuto essere prima di tutto individuato e registrato dall’amministrazione comunale. E questo per ogni singola categoria merceologica. Successivamente e sulla base del piano finanziario e dei relativi ricavi attesi si sarebbe incrociato il tutto con i potenziali concessionari. Solo in tal modo si sarebbe individuato il reale valore commerciale del marchio». E la stroncatura: «Riteniamo», prosegue l'esposto, «non vi siano le possibilità della parte pubblica di individuare la congruità di un’offerta piuttosto che di un’altra nè tantomeno di individuare le reali potenzialità del complesso abbazia».
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