A Treviso mancano troppi medici: l’Usl 2 cerca ginecologi in Polonia e Romania

Benazzi: «Ne devo assumere sette, sennò i reparti funzionano a singhiozzo» Ci sono pochi laureati, e così sempre più camici bianchi arrivano dall’estero
ZAGO TREVISO INCONTRO AUDITORIUM CA' FONCELLO , MEDICI E PRIMARI SUL FUTURO DALLA CITADELLA DELLA SALUTE
ZAGO TREVISO INCONTRO AUDITORIUM CA' FONCELLO , MEDICI E PRIMARI SUL FUTURO DALLA CITADELLA DELLA SALUTE

TREVISO. Adesso la Marca trevigiana è costretta a cercare i medici all’estero: per colmare la drammatica lacuna di specialisti nelle corsie degli ospedali, il direttore generale Francesco Benazzi ha incaricato gli uffici dell’Usl 2 unica della Marca di sondare la disponibilità di professionisti stranieri, in particolare ginecologi. Ne servono almeno sette. La ricerca si concentrerà su due dei paesi che hanno un surplus di medici: Polonia e Romania.

Ginecologi cercansi. «Ho dato incarico esplorativo agli uffici per vedere se ci sono professionisti disponibili in Polonia e Romania», dice infatti Benazzi. L’arrivo di ginecologi dai due paesi stranieri rappresenta il piano B nel caso in cui il concorso di specialità previsto a settembre vada, come è altamente probabile, deserto. La situazione delle ginecologie, soprattutto nelle strutture provinciali, è drammatica: chiuso per quattro mesi il reparto di Vittorio Veneto, chiuso a luglio il reparto a Castelfranco, chiuso per tutto il mese di agosto il reparto nascite di Montebelluna. Negli ospedali mancano in tutto sette ginecologi, indispensabili per far funzionare i punti nascita. Per ora si tampona inviando in reparto i ginecologi coneglianesi, ma c’è l’urgenza di assumere medici. Una soluzione temporanea per fronteggiare l’emergenza che sta colpendo soprattutto i piccoli ospedali del territorio. «Facciamo una fatica enorme a trovare ginecologi per le realtà periferiche, per questo stiamo cercando di vedere se riusciamo a reperirli nell’Est Europa. Abbiamo pensato a Polonia e Romani visto che si tratta di paesi comunitari e questo facilita l’iter burocratico per riconoscere i titoli di studio e la probabilità di trovare medici che sappiano la lingua italiana», evidenzia Benazzi. Sempre più spesso la sanità italiana guarda oltre confine e la Marca trevigiana non fa certo eccezione. Il fenomeno dei medici stranieri in arrivo in Veneto e a Treviso, anche per queste ragioni, è in costante aumento.

Dati alla mano. Tra i 3.547 iscritti all’ordine dei medici di Treviso il 5% è di origine straniera, considerando gli odontoiatri si sale al 10%. E ormai anche 10 infermieri ogni 100 vengono a lavorare nel nostro Paese dall’estero. Le principali nazioni di provenienza dei sanitari sono Russia, Romania e Moldavia e ultimamente anche Medio Oriente e America Latina. «Nell’era della globalizzazione il dato è indubbiamente in crescita e va letto tenendo presente diversi fattori. Uno su tutti: in Italia la professione del medico è percepita come sempre più difficile e sempre meno appetibile da parte dei giovani», conferma Luigino Guarini, presidente dell’ente ordinistico trevigiano.

All'origine del problema. All’origine dell’emergenza che si è venuta a creare nelle fila dei reparti trevigiani ci sono molteplici cause. Il numero chiuso per accedere alle università è solo l'inizio di una strada tutta in salita. «Il vero imbuto si ha tra la laurea e la specialità poiché le borse di studio per la specializzazione non ci sono per tutti, ogni anno in Italia restano fuori 3 mila neolaureati e il 10% di loro se ne va all’estero. In Veneto le borse sono 564 ma all’appello ne mancano 250, questo schema, ripetutosi per un decennio, ha creato la drammatica situazione odierna», sottolinea Adriano Benazzato, segretario regionale Anaao (il sindacato dei dirigenti medici).

Le cliniche private. A questo gap va aggiunta l’emorragia verso il privato che riguarda un neo-specializzato su 3. Chi sceglie di restare nel pubblico si trova davanti a un’offerta ampia come non mai e solitamente decide di andare a lavorare nel grande ospedale, per questioni di prestigio, piuttosto che nei nosocomi di periferia. Alla fine, le discipline che restano più sguarnite sono anestesia, pediatria e ginecologia, per l’appunto. Quest’ultima si interfaccia anche con altri problemi pratici. Un ginecologo può arrivare a spendere fino a 20 mila euro l’anno per una polizza assicurativa che lo metta al riparo dai contenziosi medico-legali. Come fa un giovane assistente che guadagna 2 mila euro al mese a permettersi un simile esborso? E quali potrebbero essere i correttivi per invertire l’ormai cronica carenza di medici? Secondo Benazzato va rivisto il sistema di approvvigionamento: «La programmazione da parte di governo e regioni dovrebbe essere fatta sui reali fabbisogni e non con continui giochi al ribasso»

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso