A Treviso la base del contrabbando di Rolex: l'imprenditore Vito Romano in cella

TREVISO. L’aeroporto Marco Polo di Tessera era diventato la porta d’ingresso dove far entrare Rolex di lusso, del valore ciascuno di decine e decine di migliaia di euro: acquistati a Hong Kong, venivano stipati in valigie, centinaia di modelli ala volta, per poi essere piazzati nelle gioiellerie di mezza Italia.
Un vero e proprio contrabbando di merce, ideato nella Marca con ramificazione anche a Vicenza, e che vede al centro una famiglia notissima nel settore, i Romano di Breda di Piave. In cella l’imprenditore Vito, 48 anni, figlio del notissimo gioielliere Tullio; ai domiciliari il figlio Pietro, 21 anni, mentre, la secondogenita Giulia, 19 anni, è indagata con altre 2 persone.

Un traffico di Rolex che sfiora un valore complessivo di 11 milioni di euro, con tanto di evasione sistematica delle tasse doganali per 2 milioni. Reso possibile grazie alla corsia preferenziale garantita proprio da chi è incaricato di compiere quegli stessi controlli.
Un finanziere, in servizio a Tessera, per mesi ha chiuso un occhio: sia quando i responsabili del contrabbando lasciavano l’Italia pieni di banconote, sia quando rientravano carichi della preziosissima merce, molto ricercata dai collezionisti.
In cambio, per lui, una mazzetta per ciascun passaggio: di qui l’accusa di corruzione per l’imprenditore bredese, che risiede in via Pasteur 11 come i figli.
Sono quattro le ordinanze di custodia cautelare emesse ieri dalla Procura di Venezia, eseguite dalla Guardia di Finanza di Venezia dopo un’attività d’indagine iniziata a marzo.
Sei in totale gli indagati a vario titolo, con accuse che vanno dal contrabbando aggravato alla corruzione, all’introduzione nello Stato e commercio di merce con marchio contraffatto.
Vito Romano è dall’altro giorno in carcere a Venezia; il figlio Pietro è invece ai domiciliari; come Luca Silvestri, commerciante residente a Napoli e Nicola Rosa, il finanziere in servizio alla dogana di Tessera e che risiede a Favaro Veneto.
Indagati, e non raggiunti da misure cautelare, sia la figlia di Romano, Giulia, e Stefano Pizzolato di Vicenza, ritenuto il factotum di Vito Romano, l’uomo che trovava i clienti cui smerciare gli orologi. La figlia Giulia, invece, è indagata perché «al corrente di tutti i particolari dell’attività».
A destare il sospetto dei militari, i continui viaggi da e verso Hong Kong compiuti dagli uomini dell’organizzazione.
il 12 aprile ad esempio, come si legge nell’ordinanza firmata dal gip Gilberto Stigliano Messuti, Rosa ha permesso ai due Romano, insieme al commerciante e a Pizzolato, di far uscire tranquillamente denaro contante, senza dichiararlo al momento dell’imbarco. Nessun controllo nemmeno al momento del rientro da Hong Kong, quando nelle valigie erano nascosti ben 350 Rolex (originali, ma a volte con confezioni contraffatte), portati in Italia con fatture false, realizzate da una rete di società con sede a Treviso e in Austria, così da far credere di aver pagato l’Iva.
Le indagini delle Fiamme Gialle veneziane continuano, per ricostruire tutti i movimenti – logistici, contabili e fiscali – dell’organizzazione. —
Eugenio Pendolini
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