Un mondiale per scherzo così Mattia ha fatto bingo

TREVISO. Il fucile acquistato con i primi risparmi, la passione per la caccia ereditata dal nonno e dal papà, la curiosità di provare, la spensieratezza di chi non ha nulla da perdere. Il titolo mondiale di Mattia Pavan è maturato così.
E il tiro all’elica, versione moderna del tiro al piccione, ha conosciuto un nuovo protagonista.
Trevigiano di Canizzano, 18 anni ancora da compiere e la voglia matta di sorprendere.
Pavan, perché è diventato tiratore?
«Già da piccolo, accompagnavo nonno e papà a caccia. Fagiani e lepri, selvaggina. Nonno Giuseppe ne ha 87 e spara da 71 anni. Le armi mi hanno sempre incuriosito. Ma nella loro applicazione sportiva. Ho visto qualche gara di tiro al piattello in televisione; mio zio Giuliano, ramo paterno, è stato campione italiano di tiro a segno».
La strada era tracciata: quando ha iniziato?
«Alla fine dell’anno scorso, più seriamente da aprile. Ho voluto provare, l’idea mi piaceva: uno sfizio, uno svago. Mi sono allenato inizialmente nella fossa olimpica, il tiro a volo classico. Sparando solo la domenica, al “Vecio Piave” di Caposile o a Santa Lucia. Gli impegni lavorativi non mi garantiscono altre giornate libere».
La sua vita di tutti i giorni?
«Devo alzarmi presto, sono tornitore. Ho fatto il Professionale, tre anni al Turazza. Un’azienda di Quinto mi ha preso per lo stage e poi mi ha confermato. A sparare deve accompagnarmi il babbo: sono senza patente, non ho ancora 18 anni. E papà Luigino fa il macellaio in un supermercato a Canizzano: neppure il sabato mi può accompagnare».
L’acquisto del fucile?
«A dicembre, me lo sono regalato per Natale con i primi risparmi. Un fucile da tiro sovrapposto: l’ho preso usato, ha la sua età».
Quando ha capito che dal tiro poteva raccogliere qualche risultato?
«Ho assistito a una competizione di fossa a Lonato. Mi sono reso conto che avrei potuto gareggiare anch’io. E non limitarmi al passatempo domenicale. Era metà aprile, il Veneto mi ha iscritto nel settore giovanile. Prima gara da junior a Todi, poi ho saltato Gioia del Colle per motivi di lavoro, quindi a luglio il Criterium di Roma».
E il tiro all’elica?
Quando l’ha scoperto? «Vedevo qualche gara al “Vecio Piave”. E 20 giorni prima del Mondiale, ho deciso di iscrivermi a un paio di competizioni del circolo: le ho vinte entrambe. Sapevo che avrebbero poi ospitato la rassegna iridata Open. Un’occasione, mi hanno consigliato di partecipare: non mi costava nulla, ho provato e mi è andata benissimo. Non immaginavo di vincere».
Rispetto alla fossa, che cosa l’ha colpita del tiro all’elica?
«Ha preso il posto del tiro al piccione, forse c’entra la passione di famiglia per la caccia. Non ci sono piattelli, ma eliche espulse da dispositivi a distanza di 26 metri. Non sai mai da dove escano e quale direzione prendano. Come fossero uccelli».
Altri sport?
«Un po’ di nuoto e tiro con l’arco. Il tiro a volo, invece, mi ha rapito. E non pensavo di poter fare subito così bene».
Come si diventa un bravo tiratore?
«Intanto serve concentrazione. Poi un po’ di preparazione e fortuna».
Dopo l’oro mondiale, potrebbe avere prospettive interessanti nella fossa?
«Devo ancora pensarci, per me è un divertimento. Per migliorarmi, dovrei sparare tanto e trovare il tempo. È uno sport costoso, si fa quel che si può».
Prossimi impegni?
«A inizio settembre, i Tricolori di fossa olimpica a Bergamo. Sono l’ultimo arrivato, ma...».
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