Sara, mamma volante: Spartathlon da record
La resanese madre di tre figli ha messo a segno l’impresa. Ha polverizzato il record italiano: «L’arrivo, che emozione»

RESANA. Sara Trevisan è una di quelle donne che hanno superato il confine dell’estremo. E non stiamo parlando dei suoi record mondiali. Il confine che Sara ha valicato è quello che ogni giorno impedisce a molti di noi di essere veramente liberi: la paura, la convinzione di non potercela fare, il condizionamento di fattori esterni. Grazie a questa energia, Sara Trevisan, 43 anni di Resana, mamma di Nicola, Davide e Andrea, ha polverizzato il record italiano del 2016 (32h 46’ 28”), chiudendo la Spartathlon, 246 chilometri durissimi tra Atene e Sparta, con il crono di 30h 27’ e 51”. Estratta assieme ad un manipolo di selezionati che arrivano da ogni angolo del mondo per partecipare a una delle competizioni più difficili, da coprire tassativamente in 36 ore. A scandirli c'erano 75 check point, un crudele cancello orario in cui bisognava transitare entro un tempo massimo. Una competizione implacabile, “cattiva”, come si addice agli spartani. Se vuoi entrare nel mito, compiendo lo stesso tragitto coperto 2.500 anni fa da Filippide, inviato dagli ateniesi a chiedere aiuto a Leonida contro i persiani, allora devi essere pronto. Una passione iniziata all’età di 19 anni con l’Atletica Sanp, interrotta bruscamente per motivi famigliari sino all’età dei 37. La lenta ripresa e all’età del quarantesimo anno, partecipa alla prima maratona a Treviso con il crono di 3h11’, per poi ripetersi e migliorarsi l’anno successivo a Venezia (3h01’).
Perché questa sfida Sara?
«Il 19 gennaio di quest’anno ho deciso di partecipare alla Spartathlon. Erano necessari determinati requisiti. Partivo da un ottimo crono (9h 43’) al Passatore, cosi sono stata estratta vincendo il pettorale».
Per arrivarci in condizioni ottimali bisogna allenarsi duramente?
«È una gara che necessita di una lunga e accurata preparazione. A questa gara ci sono arrivata attraverso la partecipazione di quattro manifestazioni molto impegnative: l’Ultrabericus, il Trail dell’Istria, la 6 ore in pista a Monselice e la Nove Colli. Durante la settimana sono riuscita anche a correre alcuni lunghi da 60 km da sola alle 3 di notte».
L’arrivo a Sparta è stato emozionante?
«Certamente, è stata un’emozione unica. Spartathlon ti insegna a cercare la forza che hai dentro, a scavare nel profondo fino a trovarla. Non è sufficiente avere il fisico per simili imprese; prima di tutto bisogna avere la testa. La testa capace di ascoltare il corpo, assecondarlo, ma anche di governarlo, e distrarlo nelle lunghe ore di fatica».
A chi dedica questa straordinaria impresa?
«In primis a mio marito Daniele, ai miei figli Nicola, Davide e Andrea, i miei genitori Palmira e Orlando, senza dimenticare gli straordinari compagni di squadra del Piombino Dese: Gianni Munaretto e Alessandra Olivi, il direttore tecnico Valerio Giacomelli, il presidente Matteo Trevisan, e Dario Mutton».
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