Paladin tra i rulli e le ricette in cucina «Mi manca correre sulle strade che amo»

Mattia Toffoletto / CIMADOLMO
Il dorsale è riuscita ad attaccarlo un solo giorno, il 29 febbraio, in Belgio. Poi programmi e obiettivi, tutt’a un tratto, sono stati stravolti.
Soraya Paladin, 26enne di Cimadolmo, è la portabandiera del ciclismo rosa della Marca. Nona al Giro 2019 e pedina insostituibile nelle Nazionali del cittì Salvoldi, s’è regalata quest’anno il grande salto all’estero: alla CCC-Liv, in quell’Olanda che sta al pedale rosa come il Brasile al calcio. Uno squadrone del neonato World Tour, nell’organico la pigliatutto Marianne Vos. Ora, però, il virus ha modificato la prospettiva. E, al di là dei rulli, Soraya ha riscoperto la cucina, trovando una valida aiutante nella sorella Asja, pure lei élite con la spagnola Casa Dorada. In attesa di azzannare le salite, si limita ad aggredire i fornelli per la gioia di mamma Carmen e papà Lucio. Con un desiderio nel cassetto: ripartire dal Giro Rosa, la corsa che ama di più (e simbolo del movimento).
Paladin, il suo team è dei Paesi Bassi, dove la percezione del pericolo è arrivata molto più tardi. Che idea s'è fatta, parlando con le compagne?
«Solo da poco è salita la preoccupazione. Tanto che hanno continuato ad allenarsi su strada… Rispetto a noi sono indietro di un mese. Ma pure noi, all’inizio, abbiamo sottovalutato troppo. Credevamo fosse un problema lontano. Poi quando vedi che tocca la tua regione, la tua provincia… Capisci che rimanere a casa fa la differenza».
E a casa, come passa le giornate?
«Sui rulli. Spezzando: 90 minuti al mattino, altrettanti al pomeriggio. Pur contando su Zwift, traduci ciclismo virtuale, li trovo noiosi. Ma bisogna farsene una ragione. Per il resto, mi dedico alla cucina: pasta in casa, gnocchi, pizza, sushi. Io e mia sorella Asja ci dividiamo i compiti: lei è più brava con i dolci, io sul salato. E poi, ho riscoperto il disegno. Mi ispirano i cartoni animati giapponesi».
E a livello emotivo?
«Allenarmi in strada mi manca tanto, come aver perso una parte importante di me. Quando finirà la buriana, non ho dubbi sulla prima cosa da fare: cinque ore filate in bici sui percorsi che amo».
Squadra nuova, stimoli nuovi. Ma tutto si è fermato al pronti-via…
«Ho disputato una sola corsa, l’Het Nieuwsblad in Belgio, a fine febbraio. La competizione per uno sportivo è tutto, trovarti con le mani legate fa riflettere. Anche perché non sai nulla, non hai idea di quando si riprenderà. Spero ad agosto, magari luglio. Vedi però che in altri Paesi, come l’Olanda, il contagio è arrivato dopo e quindi… Sì, bisognerà aspettare parecchio».
Con quale corsa sogna di ripartire?
«Fosse il Giro Rosa sarebbe un segnale splendido di rinascita. Ci spero. Ero tanto motivata, nel nuovo team compagne quali Vos e Moolman-Pasio… Non vedevo l’ora di correrci assieme, “rubare” un po’ della loro esperienza. Ma tutto è rimandato».
In testa c’erano pure le Olimpiadi?
«Sì, sapevo di potermi giocare una maglia. Avevo fatto un ottimo inverno, di colpo ti pare di buttare via i sacrifici. Ma nulla è fatto per niente. Prima o poi, si tornerà a correre. E ai Giochi penserò l’anno venturo». —
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