La Valanga Azzurra e lo sci che non c’è più Cotelli si confessa

REFRONTOLO. «Serate così ti fanno capire di aver lasciato una scia di emozioni. Alla mia età, non c’è cosa più bella». L’incontro del Panathlon è appena terminato. Mario Cotelli, direttore tecnico della mitica Valanga Azzurra, l'Italsci che tremare il mondo faceva negli Anni Settanta, si commuove. Scatta un applauso sincero. La presentazione del libro “L’epopea della Nazionale di sci. 1969-1978” è stato un viaggio nei ricordi, ma anche una severa analisi del presente. Il periodo d’oro dello sci azzurro che s’intreccia con il boom dello sportsystem montebellunese, le imprese di Thöni e Gros che riportano al fenomeno Sofia Goggia. E una data stampata nella memoria di Cotelli e degli altri interpreti di quel ciclo inimitabile: 7 gennaio 1974. «Gigante di Berchtesgaden, Baviera», ricorda il 73enne di Sondrio, direttore tecnico azzurro dal 1972 al 1978, «Dopo la prima manche, Gros precedeva Thöni e Schmalzl. Con tre azzurri in testa, puoi concerti un caffè in tutta serenità. Nella pausa, sento però Stricker, 10°, scommettere sul suo podio. Era scattata l’emulazione, parolina magica che generò la Valanga Azzurra. Alla fine, quella prova di Coppa del Mondo finì con cinque azzurri nei primi cinque. Pietrogiovanna, relegato nel quarto gruppo, completò il capolavoro. I fotografi erano già andati via. Ci pensò Sperotti, un po’ fotografo e un po’ skiman».
Cotelli, tutto partì per emulazione?
«Certo. Sono emulazione e concorrenza a muovere il mondo. Nello sport, come nell’industria. Montebelluna è un esempio concreto: senza antagonismo fra “scarpari”, il successo non sarebbe stato possibile».
Differenze fra lo sci di allora e quello attuale?
«La Valanga Azzurra raccolse i benefici del boom economico. La gente rialzava la testa, aveva più tempo libero e soldi da spendere. Si sviluppò il concetto di sport-benessere: sci d’inverno, tennis d’estate. E fu un vero Rinascimento. Le aziende crebbero di conseguenza e Montebelluna aveva il 70% della produzione mondiale di scarponi. L’atleta era visto come un riferimento, le sponsorizzazioni presero piede. Ora invece lo sci è uno sport come gli altri. Non ha più quel traino commerciale. E poi c’è la neve artificiale, le piste sono lisce e gli sci non si rompono più. Dai 500 mila venduti in Italia 40 anni fa, si è passati ai 150mila di oggi. E con l’avvento dei pali snodati nello slalom, è cambiato lo sciatore, più forte e possente».
L'epoca di Tomba-Compagnoni?
«Non l'abbiamo sfruttata. Colpa della Federazione».
C’è un Thöni oggi? «Senza dubbio Hirscher.
Gros doveva allenarsi di più, non sarebbe replicabile».
E l’Italia di Manfred Mölgg e Goggia?
«Abbastanza buona, ma manca la presa sul pubblico».
Goggia sembra personaggio.
«Deve stare attenta a non cadere. È instabile, mi mette paura. In prospettiva può vincere la Coppa del Mondo, le migliori sono a fine carriera. Dovrebbe parlare però un po’ meno. L’atleta non deve essere intellettuale e deve avere un rapporto immediato con il tifoso».
E il maschile?
«Mölgg vince, se gli altri trovano vento. In una gara normale, domenica, ha fatto ottavo. Vedo più potenzialità in Paris, ma sbaglia troppo».
I corpi sportivi militari?
«Comunismo puro. Fanno morire i club».
Cortina 2021?
«Non va gestito come evento fine a se stesso. Spero sia un’occasione per ringiovanire Cortina, ora vive di ricordi».
Mattia Toffoletto
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