Il Venezia si arrende di fronte al Palermo ed è addio al sogno A

INVIATO A PALERMO. All’ombra del monte Pellegrino finisce l’avventura del Venezia. Che un applauso lo merita ugualmente, per quanto ha fatto in questi mesi e anche per quanto ha cercato di fare in questa partita. Se poi vogliamo anche dare spazio alla sincerità aggiungiamo che il Palermo va in finale con merito. Anche se con un 1-0 striminzito e su autogol.
Una partita nata male per Domizzi, il tempo di dare un’occhiata alle formazioni, alla disposizione in campo, e il Venezia si ritrova già sotto. In maniera oltrettutto balorda, un autogol che chiude un tris di rimpalli davanti ad Audero, con Domizzi che la tocca dopo Coronado. Già costretto a vincere - il pari, si è detto e ripetuto - darebbe il pass al Palermo - dopo 5’ il Venezia deve fare due gol per tenere in vita il suo grande sogno. C’è una risposta immediata, una botta al volo di Pinato respinta dalla difesa, ma poi sono i rosanero a prendere il comando delle operazioni. Inutile dire che il caldo si sente, si gioca a ritmi medio-alti e la squadra di Inzaghi comincia ad accusare la fatica delle tre partite in otto giorni. E il primo tempo scorre sotto il controllo del Palermo, che con La Gumina, Murawski e Rispoli va vicino al raddoppio, anche se Audero resta sempre attento.
Considerazioni all’intervallo: Palermo più fresco, anche più robusto a centrocampo, dove Gnahorè costringe Pinato a contenere più che a spingere. Venezia abbastanza nervoso, e anche questo è un segno di stanchezza.
Si ricomincia, e il Venezia mostra lampi di vivacità. Il Palermo blocca bene le fasce laterali, difficile andare sul fondo per il cross, viene scelta la strada del pallone scodellato in mezzo dalla trequarti: sarebbe una soluzione prevedibile per i centrali in rosanero, ma comunque funziona perché già al 3’ Modolo incorna su suggerimento di Stulac mentre al 20’ è Geijo, sempre di testa, a far paura a Pomini. Il quale, va detto, in entrambi i casi risponde comunque con bravura. Sembrano scorrere veloci i minuti quando devi recuperare, è un’impressione, così come sembrano non passare mai quando stai vincendo.
Il Venezia comunque c’è, non si arrende, cerca il pareggio, un Litteri (entrato al posto di Modolo) quasi tarantolato va due volte vicino al gol, ma non c’è verso. Intanto Inzaghi è passato, proprio con l’uscita di Modolo, alla difesa a quattro, un 4-2-4 che ha tanto cuore e buona volontà ma che si esaurisce davanti all’area palermitana. E che soffre quando il Palermo riparte in contropiede. C’è poco da fare, è una corsa in salita, e quell’autogol dopo cinque minuti è come una mano che ti spinge indietro. Coronado tiene palla , accelera o rallenta a piacimento, Jajalo tenta una verticalizzazione (36’) e Pinato lo falcia da dietro: cartellino rosso e titoli di coda.
C’è anche il rigore al 43’, La Gumina lo procura, lo tira, Audero lo para, ma non è una consolazione.
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