E da quel Bozzolo spuntò Rosy «nostra signora» del basket

LA DIVINA. Rosetta Bozzolo
LA DIVINA. Rosetta Bozzolo
 Fra qualche giorno, il 28 settembre, una delle più grandi atlete dello sport trevigiano di tutti i tempi, Rosetta Bozzolo, compirà 61 anni. Non è buona norma ricordare l'età che passa per una signora, ma l'occasione e propizia e merita l'eccezione, per celebrare le grandi qualità di una giocatrice che regalò al basket di casa nostra e allo scenario nazionale e internazionale scampoli di classe pura. Un autentico talento naturale costruito con caparbietà e pazienza, secondo le leggi dello sport che prevedono abnegazione, impegno, assiduità. Regole che Rosetta aveva mandato a memoria, senza fatica, respirando semplicemente aria di sport in casa, anzi aria di grande sport. Perché papà Bruno (i più attempati appassionati di calcio biancoceleste lo ricordano certamente) fu un campione, indossando la maglia del Treviso e quella dell'Inter, e le trasmise uno spirito acuto, un'indomita voglia di combattere in campo unita all'irresistibile gusto delle grandi sfide da vincere.  Rosetta non era altissima di natura, quando si presentò ad una «leva» giovanile alla palestra Coni, ma aveva una mobilità eccezionale. Assimilò in fretta visione di gioco e capacità al tiro eccellenti, doti che le valsero in poco tempo il posto di titolare in B nella allora Bristot, forgiata da un tecnico appassionato come Danilo Lorusso, che la aiutò a spiccare il volo verso Vicenza, dove Rosetta ebbe modo di rivelare il talento.  Convocata ancora ragazzina agli Europei di Cagliari, iniziò la sua lunga collezione di maglie azzurre e canestri segnati in Nazionale: 160 convocazioni e 872 punti! Record che la dicono lunga su una grandissima carriera (nemo propheta...) sempre lontana dalla sua Treviso, costellata da 6 scudetti conquistati a Vicenza e a Sesto San Giovanni nel grande Geas di Mabel Bocchi. Rosy incarnava perfettamente il ruolo di play, capace di dettare i tempi in campo, di far impazzire le difese avversarie, di accelerazioni repentine ed irresistibili, abile nel cercare canestri impossibili. Amava il basket e lo amò al punto di chiudere la carriera molto avanti negli anni, accanto ad una altra grande cestista trevigiana, Luisa Zambon, nelle file di una squadra di C, quasi per gioco.  «Prigioniere di un sogno» fu l'epico nome che per loro coniò Franco Arturi, vicedirettore della Gazzetta dello Sport, che divenne suo marito. Un amore nato nei palazzetti e culminato con la nascita di Giulia, oggi giovane capitana guardacaso del Geas. La testimonianza di cromosomi di una classe sportiva congenita.  Questo mio «regalo di compleanno» a Rosetta porta in sè l'auspicio che il basket femminile trevigiano, un tempo prodigo di talenti veri ed a distanza di 30 anni dall'ultimo e unico scudetto targato Pagnossin della storia nostrana, metta a breve altre campionesse accanto alla Bozzolo e alla sua ideale erede, Giorgia Sottana, stella di oggi, 23 anni, 8 campionati in A e 5 Europei, unica giocatrice di Treviso in Nazionale e proprio ieri approdata nelle file del Taranto. E che Treviso prima o poi ritorni grande.

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