E' crisi: l'unica scelta è la fusione?
I dirigenti di LiventinaGorghense e Opitergina spiegano come si sopravvive

DIRETTORE GENERALE. Basei
Società che chiudono, società che si fondono dando vita, a volte, a fusioni che alla fine diventano confusioni, e squadre che si fondono e che invece trovano fortuna e arrivano in alto. Basta fare un giro nel trevigiano per scoprire quante squadre si sono fuse e sfuse negli ultimi 25 anni. In principio fu la fusione tra Pro Roncade e calcio Biancade, poi fu la volta di Ponte di Piave e Salgareda. Entrambe le fusioni oggi non esistono più. Nel secondo caso, le due società di origine, una volta rifondate, Ponte di Piave da una parte e Salgareda dall'altra, si sono trovate accomunate dallo stesso destino: quello della chiusura. Nel 1996, arrivò dopo lunghe estati di trattative la fusione tra
Liventina
e
Gorghense
. Non è certo un mistero il fatto che qualcuno storse il naso e nello stesso anno nacque la
Gorghense Fc
. Poco lontano da Motta e da Gorgo, a Mansuè, nacque il
PortoMansuè
, risultato della fusione tra l'Ac Mansuè e l'Expo Mobili Portobuffolè. A
Basalghelle
non ci misero molto a mettere in piedi una squadra per partecipare, ancora oggi, al campionato di Terza Categoria. L'ultima a chiudere i battenti in ordine di tempo, resta comunque per il settore giovanile, è l'
ASD Orsago
, che negli anni '90 ha militato nel campionato di Promozione. A questo punto la domanda sorge spontanea: cosa spinge un presidente, che per anni ha tirato la carretta a mollare tutto? E ancora: quanto incidono, se incidono, le partite trasmesse in tv praticamente a tutte le ore? E quanto costa mantenere una squadra in Promozione, Prima categoria e in serie D? «Una persona che per tanti anni ha tirato avanti la carretta da solo - sottolinea
Palmiro Greguol
, vicepresidente dell'Opitergina - arriva sul punto di lasciare quando, pur con tutta la buona volontà di cercare nuovi collaboratori con i quali condividere gli sforzi, non trova nessuno, disposto a darli una mano. I fattori sono principalmente due: l'attuale situazione economica che non aiuta nè il mercato dei collaboratori, ne tanto meno lo sportivo che una volta andava allo stadio più facilmente di adesso». Sul capitolo costi, il dirigente opitergino ha la sua ricetta. «Più che aumentati i costi, sono diminuiti gli incassi. Un po' perché la gente preferisce la partita in tv, un po' perché, una piazza come Oderzo, offre anche attrattive diverse». Sulla lunghezza d'onda del vicepresidente opitergino, sono anche
Marino Basei
e
Bruno Foscan
, rispettivamente dg e presidente della LiventinaGorghense. «Qui da noi - osservano i due dirigenti liventini - ogni anno tracciamo le linee guida della stagione dal punto di vista economico. Guidare l'azienda calcio, è come guidare le nostre aziende. Una volta fatto il bilancio preventivo, cerchiamo di stare dentro ai parametri che ci siamo prefissati. Noi abbiamo la fortuna di basare gran parte delle nostre energie sul settore giovanile. Questo ci consente di abbattere i costi». Un altro che ha le idee chiare, è anche il presidente della Gorghense
Mario Vettori
: «In una realtà come la nostra, il pubblico che abbiamo, è quello storico di quando siamo nati. Il prezzo del biglietto è relativamente basso e dunque chi veniva a vedere le partite prima lo fa anche adesso. Il problema del biglietto potrebbe interessare le categorie superiori. Ecco che in quel caso il tifoso potrebbe essere incentivato dalla partita in tv piuttosto che andare allo stadio. Il problema, almeno nella nostra realtà di una società che ha la squadra in Prima Categoria, è rappresentato dal fatto che anche il calcio, come tutte le aziende, segue le vicende del mercato, per quanto riguarda l'appoggio economico fornito dagli sponsor». A proposito di fusioni che spesso diventano confusioni, e non solo, dice la sua
Roberto Zampieri
, volto notissimo della piazza mottense, presidente della Liventina che fu e oggi primo tifoso: «Il fatto che oggi una fusione diventa confusione, dipende molto da un fattore di campanile, soprattutto a livello dilettantistico. La difficoltà delle società a tirare avanti, deriva che dal fatto che le singole comunità, spesso, si sono impegnate a costruire impianti importanti che richiedono un certo costo di gestione. E in caso di fusione non so nemmeno come possano venire impiegate»
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