Basket, il ritorno di Dragic alla Ghirada: «Adesso mi godo la vita»

Il play sloveno, con una lunga carriera in Nba alle spalle, ricorda l'esperienza all’Eurocamp 2008: «Quando ero giovane non era facile emergere dall’estero»

Pietro Nalesso
Goran Dragic, qui con la maglia della nazionale slovena agli Europei 2017
Goran Dragic, qui con la maglia della nazionale slovena agli Europei 2017

Mille partite in Nba e il titolo europeo con la piccola, ma orgogliosa Slovenia. Potrebbero bastare questi due dettagli per riassumere la straordinaria carriera di Goran Dragic. L’ex play è tornato in quell'Eurocamp che lo vide protagonista nel 2008 dopo il ritiro, annunciato due anni fa ai Bucks: «La mia vita è cambiata moltissimo da quando ho smesso di giocare - ammette Dragic -. Non ho più il programma di allenamenti e partite, mi godo i miei figli e ho tempo per loro. Ho voltato pagina nella vita, mi mancano i viaggi e le partite come prima, ma ho avuto una carriera lunghissima, mi sono divertito fino alla fine».

Che Goran era quello che arrivò in Ghirada per la prima volta?

«Un ragazzino con grandi ambizioni. È stato importante dimostrare il mio talento e qui c’è tutto per farlo, competi contro alcuni dei giovani più importanti di tutta Europa e del mondo. Dopo tanti anni sono tornato e mi piace vedere altre decine di prospetti che vogliono diventare i prossimi Nowitzki, Doncic, Antetokounmpo o Kobe Bryant».

Quindi sono più gli europei i riferimenti del basket di adesso.

«Jokic, Luka, Bogdanovic e Giannis sono alcuni esempi di chi è diventato Mvp o tra i migliori in Nba venendo dall’Europa. Quando ero giovane non era così semplice emergere dall’estero, le cose sono cambiate e per le nuove leve questo è un vantaggio».

La Ghirada è tanto diversa rispetto a quello che si vede negli Stati Uniti?

«Ci sono due palestre e campi all’aperto, ci si può allenare sempre, per i giovani è fondamentale. In Nba si viaggia su altri livelli con grandi investimenti, ma se ripenso ai miei primi tempi quello che vedo qua è magnifico: in Slovenia mi allenavo in una palestra con le finestre che non si potevano chiudere e serviva la felpa, oppure sbattevo addosso al muro per recuperare il pallone. Ma queste cose non contano se sei appassionato e se hai voglia di arrivare fino in fondo».

Da giocatore prediligeva segnare oppure smazzare assist?

«Entrambe le cose. Nell'anno cui a Phoenix ho ottenuto il premio di "Giocatore Più Migliorato" ho imparato ad essere un po’ più aggressivo, mentre a Miami con Wade avevamo già tanti punti e cercavo di agevolare la vita agli altri. Ma ero una combo-guardia, mettevo in campo quello che serviva».

Un paio di pronostici: chi vince il titolo in Nba e all'Eurobasket?

«Oklahoma è la favorita per profondità, difesa e ambizioni, ha l'MVP Shai Gilgeous-Alexander che è un grandissimo giocatore. Nel campionato continentale può succedere di tutto: tiferò per la mia Slovenia, anche l’Italia può avere le sue chance ma scommetterei su Serbia e Francia».

Goran Dragic è una leggenda europea del gioco?

«Non lo dirò mai, siano gli altri a giudicarmi. Sono contento di quello che ho fatto e della passione che ho messo giocando a basket».

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