«Biancoceleste», fucina di campioni
Torna a Montebelluna il torneo giovanile che ha lanciato Serena, Tesser & Co.

SERENA STORY Nella foto storica Aldo è il secondo in basso da dx. Da dx L. Pasa L. Bressan T.Tessariol
MONTEBELLUNA.
Ritorna il «Biancoceleste», il mitico torneo giovanile che, dal 1970 al 2006, ha consentito a migliaia di ragazzini di accostarsi al gioco del calcio. Molti i campioni e i giocatori di buon livello usciti da quella scuola: Aldo Serena, Attilio Tesser, Lele Pasa, Alberto Torresin, Oreste Santin, Remo Zavarise, Renzo Bonato, Luca Bressan, Tonino Tessariol, per citare i più noti. Ma tanti altri ragazzi, che poi hanno vestito la maglia dal Montebelluna o di altre società, hanno avuto nel «Biancoceleste» il loro primo banco di prova. Da domenica 31 ottobre e sino ai primi di maggio, altri ragazzini, dai 5 ai 10 anni di età, si sfideranno a calcio nei nuovi campi sintetici dello stadio di via Biagi. Dodici le società iscritte al torneo, che prevede due categorie: «piccoli amici» (anni 2003-2005) e «pulcini» (anni 2001-2002): Montebelluna, Milan Guarda, S. Gaetano, Cornuda Crocetta, Soccer, Vedelago, Ponzano, Caerano, S. Giuseppe Aurora, Altivolese Maser, Valdosport e Union Ripa. Il torneo è stato presentato ufficialmente lunedì sera nella sala riunioni dello stadio, presente l'assessore allo sport Claudio De Nadai, dal presidente del Montebelluna, Maurizio Michielin, e dai responsabili del settore giovanile: Luigino Bortolotto, Giuliano Martimbianco, Ivano Zanatta e Aldo Bonisiol. Al di là delle buone intenzioni degli organizzatori, però, sono più le differenze che le corrispondenze tra questo «Biancoceleste» e quello inventato nel 1970 da Giovanni Menegon. Varia anzitutto l'età e la tipologia dei partecipanti. Sino agli anni Ottanta, i ragazzini entravano a far parte di una società di calcio verso gli 8-9 anni. Il «Biancoceleste» li accoglieva prima di quell'età, facendo crescere in loro la passione per il calcio; li organizzava in squadre che erano spesso espressione del rione in cui abitavano e a seguirli non c'erano allenatori ufficiali, ma volontari che si dedicavano ai ragazzini per pura passione. Oggi, con le scuole calcio, i ragazzini sono inquadrati nelle società a 6 anni (se non prima) e infatti nel nuovo «Biancoceleste» ci sono bambini più che ragazzini, ma soprattutto li troviamo organizzati per società e seguiti da dirigenti e allenatori ufficiali. Non c'è più, dunque, la spontaneità del primo «Biancoceleste». Non è colpa di nessuno. Semplicemente i tempi sono cambiati e riproporre un'esperienza come quella inventata nel 1970, oltre che fuori luogo, sarebbe del tutto impensabile. Però, come è stato sottolineato durante la presentazione, l'intenzione è di recuperare lo spirito del «Biancoceleste», ossia far giocare i ragazzi in allegria e amicizia, senza gli isterismi e le polemiche che caratterizzano il calcio a tutti i livelli. I ragazzi in campo certamente ci riusciranno. C'è da sperare, e da augurarsi, che ci riescano anche i dirigenti e soprattutto i genitori a bordo campo.
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