Scout morto, la procura apre un fascicolo

«Era fermo, mentre attrezzavamo il percorso per superare quel tratto ghiacciato, quando l’abbiamo visto scivolare... all’improvviso». E' la ricostruzione dell'incidente costato la vita a Jacopo Ceneda, fatta da Davide Matiuzzo, capo scout, ai carabinieri. La procura di Belluno ha aperto un fascicolo: si cerca di stabilire eventuali responsabilità a carico di chi aveva in affidamento il gruppo. L’ipotesi potrebbe essere quella di omicidio colposo. Ieri, intanto, il nulla osta per la sepoltura di Jacopo.
JACOPO CENEDA LO SCOUT DI VILLORBA, MORTO DOPO ESSERE PRECIPITATO IN UN CANALONE MENTRE STAVA PERCORRENDO UN SENTIERO SOPRA OSPITALE DI CADORE BELLUNO IN VAL BONA. nella foto I SOCCORRITORI Il maresciallo della stazione di Ospitale con il capo del Soccorso alpino
JACOPO CENEDA LO SCOUT DI VILLORBA, MORTO DOPO ESSERE PRECIPITATO IN UN CANALONE MENTRE STAVA PERCORRENDO UN SENTIERO SOPRA OSPITALE DI CADORE BELLUNO IN VAL BONA. nella foto I SOCCORRITORI Il maresciallo della stazione di Ospitale con il capo del Soccorso alpino
«Era fermo, mentre attrezzavamo il percorso per superare quel tratto ghiacciato, quando l’abbiamo visto scivolare... all’improvviso». Quasi un evento inspiegabile e imprevedibile quello che avrebbe fatto precipitare Jacopo Ceneda, il 16enne di Villorba, da quel tratto ghiacciato del sentiero 488, domenica mattina, sopra Ospitale. Almeno a sentire la ricostruzione della dinamica fatta da Davide Matiuzzo agli inquirenti, domenica. La procura si sta occupando del caso: si cerca di stabilire eventuali responsabilità a carico di chi aveva in affidamento il gruppo.


L’ipotesi potrebbe essere quella di omicidio colposo. Ieri, intanto, il nulla osta per la sepoltura di Jacopo. Il fascicolo è nelle mani del magistrato di turno Luigi Leghissa che dovrà decidere la contestazione o meno dell’ipotesi di omicidio colposo. Atti relativi, per ora, in attesa dei verbali definitivi che i carabinieri di Longarone porteranno in procura forse domani. Tra cui la ricostruzione fornita dal caposcout del gruppo di Fontane; a questa poi si aggiungeranno le deposizioni dei boy scout che hanno assistito alla tragedia: una volta ripresisi dallo choc saranno sentiti dai carabinieri di Villorba.


Davide Matiuzzo ha 38 anni ed è uno dei due capiscout che ha accompagnato i ragazzi al campo invernale sopra Ospitale di Cadore (l’altro era Federico Fiori). Il gruppo domenica mattina stava scendendo dalle casere in cui aveva pernottato: lungo il sentiero 488 però era scesa una slavina che con le bassissime temperature s’era gelata. Quasi l’inizio di una «pista di bob» (così l’hanno definita i soccorritori sul posto) che confluiva poi in un canalone di una ventina di metri prima del precipizio: gli scout si sarebbero resi conto della difficoltà di superare il tratto, al punto che i due accompagnatori avevano deciso di ancorare una corda al terreno, con chiodi o comunque dei fermi, e segnare un percorso alternativo al tratto ghiacciato poco più sopra, dove la neve era più praticabile anche senza ramponi. Gli scout di Fontane calzavano scarpe da montagna sì, ma forse non adeguate alla situazione. Matiuzzo ha raccontato di aver creato dei piccoli gradini usando una piccola accetta per far sì che i ragazzi camminassero in maggiore sicurezza. Tre scout sarebbero riusciti ad andare oltre il tratto di sentiero ghiacciato per tendere quella corda che avrebbe dovuto fungere da passamano.


A tutto questo lavorìo, secondo le prime ricostruzioni, Jacopo Ceneda avrebbe assistito quasi in disparte, l’hanno visto stazionare su un punto che viene ritenuto meno ghiacciato del resto dell’area, quasi un ciuffo d’erba o un ramo di pino caduto, qualcosa comunque che creava attrito e quindi evitava di scivolare. Da questo «angolino» il ragazzo sarebbe improvvisamente scivolato: l’hanno visto girare su se stesso forse nel tentativo di un appiglio ma non si sarebbe fermato più: una sorta di dosso formato dal ghiaccio avrebbe deviato il suo precipitare dal possibile pino che aveva in linea di caduta e che avrebbe potuto fermarlo. Sotto ci sono i salti di roccia e quel precipizio in cui ha perso la vita. Un’ipotesi che viene valutata è anche che il pesante zaino che Jacopo aveva con sè, abbia contribuito a «fare massa» durante la caduta. Certo è che nessuno immaginava il salto di circa 300 metri sotto il sentiero: lo stesso caposcout ha cercato di recuperarlo ma s’è dovuto fermare perché ha rischiato di fare la stessa fine.

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