Province inutili? Discutiamone
Se l'astensionismo elettorale è uno dei segni più eloquenti e preoccupanti dello scollamento tra cittadini e istituzioni, se ne dovrebbe dedurre, come si è visto alle ultime elezioni provinciali in ogni zona d'Italia e indipendentemente dagli schieramenti, che le Province sono l'ente più astratto e lontano nell'immaginario collettivo, incapace di coglierne senso e funzione. E' forse colpa della gente o un problema “di identità” esiste davvero? Che presidenti o assessori si considerino amareggiati nonostante le indennità è comprensibile; meno comprensibili sono, specialmente con i tempi che corrono, i toni di chi (vedesi il documento proposto dall'Assemblea delle Province Venete) vorrebbe attribuire questa situazione ad una «ben orchestrata campagna di stampa».
Premesso che solo degli ingenui possono paventare nell'immediato lo scioglimento reale delle Province, possibile solo con quella modifica costituzionale che, diversamente dalla lontana bicamerale di D'Alema, non è stata prevista né dal primo Prodi né dalla modifica del centrodestra di Berlusconi (bocciata dal referendum); premesso ciò, non sarebbe il caso di capire più freddamente, e senza preoccuparsi per le poltrone, come mai sulle Province ci sia un giudizio così coralmente negativo?
Porsi il problema dell'effettiva utilità delle Province, indipendentemente dall'ormai ipocrita dibattito sui costi della politica, non è una questione né di destra né di sinistra e nessuno può permettersi di fare lo struzzo; forse è arrivato il momento di discuterne sul serio, anche perché sul punto, e in tempi non sospetti, si sono espressi negativamente quanto autorevolmente il mondo confindustriale nazionale e veneto (vedi Il sole 24 ore del 30 giugno 2006), tante associazioni economiche e di categoria, importanti esponenti politici sia di sinistra che di destra, tra cui ultimamente lo stesso Fini.
Lo stesso Presidente della Regione Veneto, Galan, c'era andato giù durissimo e senza mezze misure («Vanno abolite» si leggeva su Il Mattino, La Nuova, La Tribuna del 10 maggio 2007) ed è arrivato ora a fare tabula rasa. Sarebbe stato molto meglio discutere in modo corretto, critico e autocritico Provincia per Provincia piuttosto che mettere in scena quella che sembra una sterile autodifesa dove «tutti i gatti sono bigi». Infatti, a prescindere dal dubbio sulla loro validità, ci sono Province che hanno impegni e stile di lavoro molto diversi tra loro. Ci sono Province, come Belluno, che combattono contro l'attrazione economica esercitata da Trento e dall'Alto Adige, e altre che si prodigano in spettacoli, viaggi, esibizioni politico-agiografiche di chi amministra o che abbondano di società «partecipate» dove fanno transitare tanti denari con pochi controlli...
Ci sono Province in cui gli eletti sono valorizzati e altre in cui le stesse maggioranze sono mortificate e, quindi, troppo spesso assenteiste... No. Scavare una trincea dal sapore corporativo finisce per essere un autogol e, comunque, non è in un sabato veneziano di metà luglio che si risolvono controversi ed oggettivi problemi, discutendo a bacchetta ed approvando documenti preconfezionati. Se l'intento era quello di far sventolare, più o meno velatamente, i propri gonfaloni contro la Regione che non molla deleghe e, anzi, sbeffeggia le Province non applicando le proprie stesse leggi, la cosa si poteva fare in modo diverso e più esplicito; se l'adunata veneziana doveva invece servire a convincere i cittadini, beh... allora siamo veramente lontani anni luce dall'obiettivo.
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