Pensioni, la «guerra» dello scalone
Industriali e artigiani durissimi: la riforma è il solito compromesso all'italiana, restano i problemi e i costi insostenibili della previdenza. Tomat e Pozza sparano contro l'accordo, soddisfatti invece i sindacati
Industriali e artigiani infuriati, sindacati soddisfatti. La riforma dello “scalone” pensionistico approvata dal Consiglio dei ministri divide la Marca. «Il solito compromesso all'italiana che non risolve i problemi», attacca Mario Pozza, presidente provinciale di Confartigianato. Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente di Unindustria, Andrea Tomat: «Continua a vincere il partito della spesa pubblica. E' passata una soluzione che premia la demagogia». «Giudizio favorevole su tutti e quattro i capitoli, c'è un'innovazione rispetto alla precedente riforma», dice invece il segretario provinciale Cgil, Paolino Barbiero.
Dal mondo sindacale il consenso è unanime a favore dell'accordo trovato nella notte di giovedì sulle pensioni tra Governo e sindacati confederali. «In base alle indicazioni positive forniteci dal nostro direttivo nei giorni scorsi, eravamo convinti che un accordo si sarebbe trovato - dichiara Barbiero - con le risorse che c'erano a disposizione il sindacato è riuscito a portare a termine un percorso iniziato ormai da tempo».
La firma posta in calce al documento d'intesa ha così posto l'ultimo paletto di un percorso che, partito dall'innalzamento delle pensioni minime e passato per la revisione degli ammortizzatori sociali, ha anche portato all'incasso l'ammorbidimento dei coefficienti per i giovani e, non ultimo, l'abbattimento dello scalone. «Per numero di pensionati con assegni all'osso, Treviso era uno dei fanalini di coda italiani. Il giudizio è quindi favorevole su tutti e quattro i capitoli e comporta un'innovazione rispetto alla precedente riforma», continua Barbiero, che individua nel lavoratori trevigiani una grossa fetta dei beneficiari della possibile riforma. «Il capitolo sui lavori usuranti - dice - lascia ben sperare gli addetti del settore manifatturiero, dove sono molti i lavoratori con obbligo di turni e mansioni critiche in provincia». L'individuazione delle attività usuranti sembra però poter diventare il pomo della discordia, secondo il segretario Cisl Maurizio Cecchetto, che promuove l'intesa ma lascia aperto uno spiraglio su possibili dubbi: «Con l'accordo si è fatto un passo avanti e si è risolto un problema come lo scalone per il quale, con il Governo precedente, di accordi non ce n'erano proprio stati. Ma la questione dei lavori usuranti è delicata nel distinguo. Bisogna capire quali sono queste professioni altrimenti le richieste in blocco potrebbero rappresentare un rischio». Se l'accordo si trasformerà in legge di riforma la palla passerà ai lavoratori, veri destinatari e giudici del lavoro intrapreso dalle parti. «Non appena avremo il via libera incominceremo a ragionare con i lavoratori sulla riforma - spiega Cecchetto - e il primo passo sarà un'assemblea provinciale a settembre con tutti i sindacati seduti allo stesso tavolo, in modo da organizzare le forze. Subito dopo si partirà con una campagna a tappeto per tutta la provincia dove cominceremo a introdurre anche le novità che verranno proposte con la prossima finanziaria».
Diametralmente opposta la posizione dei presidenti delle due principali associazioni delle categorie produttive della Marca, ovvero Unindustria e Confartigianato. Mario Pozza si scaglia contro l'“ala sinistra” del Governo. «I comunisti vogliono un paradiso terrestre, in controtendenza rispetto al resto dell'Europa dove l'età pensionabile viene alzata. Dove li troviamo i soldi necessari? - si parla di 10 miliardi di euro, ndr - pagheranno il conto di tutto ciò le prossime generazioni». Secondo il presidente di Confartigianato, inoltre, «questa riforma favorirà il lavoro nero di chi va in pensione presto e continua a lavorare». Possibili forme di protesta? Pozza, che aveva “minacciato” una manifestazione a Milano, non lo esclude. «Vedremo: dalle pensioni agli studi di settore, sono tante le questioni sul piatto». Molto critico anche Andrea Tomat. «Questa riforma non dà certo il buon esempio - dice il presidente di Unindustria - continua a vincere il partito della spesa». Era meglio la soluzione “drastica” dello scalone a 60 anni? «Lo scalone era una soluzione drastica solo perché per anni non si è voluto fare niente. E non si è fatto niente nemmeno adesso».
Argomenti:economia
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso
Leggi anche
Video








