La vergogna del dopingemotrasfusione su una quindicenne

La vergogna del doping investe il nostro ciclismo. Un blitz della Finanza ha portato all’arresto dell’ex Ct della Serbia Nikacevic, alla denuncia di 30 persone (12 professionisti, tra i quali il trevigiano Priamo, Rebellin, Sella), al sequestro di migliaia di fiale. E ha portato alla luce un dato racappricciante: doping di minorenni con l’ok dei genitori. Filmata, dalle telecamere nascoste della Finanza in uno studio medico, l'emotrasfusione su una quindicenne.
Doping
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I brividi vengono non solo guardando il video choc, registrato da una telecamera nascosta della finanza. Perché la paziente del medico compiacente che si sta apprestando a fare una emotrasfusione con ozono terapia arricchita con farmaci di varia natura non è una paziente qualsiasi: è una minorenne. Una minorenne che forse è stata spinta da un padre irresponsabile. La ragazza in questione ha quindici anni, è un’atleta in erba ed è accompagnata dal papà che è talmente convinto di avere fra le mani una figlia campionessa da sottoporla ad un trattamento dopante con la stessa leggerezza di quando un papà accompagna la propria figlia dal dentista. Nel video si vede il medico che infila l’ago nel braccio destro della ragazza, mentre il genitore è seduto su un divanetto al suo fianco. Poi sempre il professionista - in camice bianco - che prepara una flebo. In un altro spezzone del video si nota il medico che agita una sacca di sangue per evitare che coaguli. Il caso è stato segnalato alla procura dei minori di competenza che valuterà per quali reati procedere. Le intercettazioni raccolte dalla Guardia di Finanza sono sconcertanti.

 Come il colloquio tra Dusan Ganic e il padre.

Dusan Ganic. Hai sentito chi è caduto? I

l padre. Chi? Dusan. Sella è caduto. Il padre. Come?

 Dusan. Caduto. Voglio dire al controllo antidoping. E anche tutta la sua equipe. Voglio dire: è uscito fuori alla luce.

Il padre. Ormai il ciclismo è scoppiato.

 Dusan. Ah, ah. E sai chi glielo dava? Lo sai anche te chi... Quello nostro.

Il padre. Beh, non c’è...

Dusan. Quello che tu dici che è un cafone... e così.

Il padre. Sì. Dusan. Verranno beccati anche loro.

Il padre. Non c’è niente da fare figlio mio, non si costruisce il futuro su queste cose. Dusan. Ma lo so.

 Il padre. La vita. Nella vita bisogna lavorare.


 Era il 10 agosto dell’anno scorso. Era appena scoppiato il caso-Sella. La conversazione intercettata è fra Dusan Ganic, ciclista professionista finito ora nella bufera e suo padre. I due parlano di Sella, ma anche di Aleksandar Nikacevic. Dusan si riferisce a lui quando al padre dice quello nostro, quello che tu dici sia un cafone. Il padre di Dusan oltre a dire che il ciclismo è scoppiato, dà un buon consiglio al figlio non si costruisce il futuro su queste cose. Consiglio che Dusan evidentemente non «raccoglie». Come non è stato raccolto da molti altri protagonisti che girano attorno a questa storia. Una storia che ha come fulcro Aleksander Nikacevic. Il quale, l’altro giorno, ai finanzieri che lo hanno arrestato appena uscito dal casello ha rivolto frasi sprezzanti. «Io non sono un criminale - ha detto - io sono una persona famosa, invece mi state trattando come fossi un criminale».

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