Dalla doppia preferenza di genere alla soglia di sbarramento: guida pratica al voto in Veneto

Tutto ciò che serve sapere per scegliere il nuovo governo regionale e i 51 consiglieri della dodicesima legislatura nella tornata elettorale di domenica 23 e lunedì 24 novembre

Albino Salmaso

Come si vota domenica 23 e lunedì 24 per eleggere il presidente della giunta veneta e il Consiglio regionale, che si preparano alla dodicesima legislatura? Un rapido ripasso: basta andare al seggio con la tessera elettorale e la carta d’identità, ritirare la scheda, entrare in cabina, fare una croce sul nome del candidato presidente e un’altra sul simbolo della lista e poi indicare al massimo due preferenze rispettando l’alternanza di genere.

Chi volesse premiare due uomini o due donne si ricordi che butta alle ortiche la seconda preferenza: infatti, bisogna alternare il nome di una donna a quello di un maschio se vi vuole garantire davvero la parità di genere che quasi mai raggiunge il 50%, anche se i passi in avanti sono stati notevoli.

 Nel 2020 furono elette18 donne su 51 consiglieri. Un record. Figlio anche di questo vincolo e di una maggiore sensibilità maturata in tutti i partiti.

Nel 1970, al debutto delle Regioni, l’unica donna eletta fu Rosetta Molinari (Pci) e nel 1976 si aggiunse Giuseppina Dal Santo (Dc).

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La legge elettorale

Un passo indietro. La norma che regola le modalità elettorali con l’attribuzione dei seggi è stata approvata il 16 gennaio 2012, legislatura in cui il Veneto ha recepito anche la legge 165/2004 varata dal Parlamento italiano che fissa in due mandati la carica di presidente della giunta regionale. Un vincolo che la Regione Veneto ha esteso poi agli assessori la cui carica è incompatibile con quella di consigliere: sono nominati dal presidente, che ne può disporre la revoca, e in tal caso rientrano nel consiglio regionale.

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Il Veneto dal 2015 ha tagliato da 60 a 49 gli eletti di palazzo Ferro Fini con due poltrone garantite ope legis per arrivare a 51: in primis quella del presidente che ottiene più voti e quindi si può insediare a palazzo Balbi per nominare gli assessori.

Il voto disgiunto

L’altro “garantito” è il presidente secondo classificato, di prassi leader dell’opposizione. È possibile esercitare il voto disgiunto: si può mettere la croce su uno dei presidenti e dare la preferenza a due consiglieri di una coalizione avversaria o di liste minori. Se invece si tira una croce solo sul simbolo del partito, il voto viene attribuito automaticamente al presidente collegato a quella forza politica. Per entrare in Consiglio regionale sono decisive le preferenze e sulla scheda non hanno stampato i nomi dei candidati: bisogna scriverli in maniera chiara.

La soglia di sbarramento

Si conquista una poltrona a palazzo Ferro Fini se la lista supera il 3% quando si presenta da sola. Nel 2020 ci fu un lungo braccio di ferro per l’attribuzione del seggio al M5S: il candidato presidente Enrico Cappelletti raggiunse il 3, 3% ma le liste nelle 7 circoscrizioni si fermarono al 2, 7%: dopo il contenzioso giuridico dalla Corte d’Appello arrivò il via libera ad Erika Baldin, eletta a Chioggia-Venezia. La soglia di sbarramento per una coalizione è invece del 5% e le liste apparentate si dividono i seggi in base ai voti ottenuti con criterio proporzionale: la prassi dice che si entra al Ferro Fini se si ottiene almeno l’1, 5%.

Le circoscrizioni

Il Veneto ne ha 7 come le province: Venezia, Padova, Vicenza, Treviso e Verona possono candidare ed eleggere fino a 9 consiglieri a testa. Rovigo e Belluno si fermano a due consiglieri e così si arriva a 49.

Il riparto dei seggi

La legge elettorale assegna un premio di maggioranza: la coalizione che vince anche di misura ottiene il 60% dei seggi e il 40% spetta alle liste di opposizione. Quando invece il presidente trionfa con oltre il 60% scatta il riparto con il proporzionale puro, come nel 2020 quando il centrodestra di Zaia arrivò al 76%.

Le spese elettorali

Ogni candidato delle province di Padova, Treviso, Vicenza, Verona e Venezia ha potuto spendere fino a 44 mila euro, quelli di Belluno e Rovigo fino a 40 mila. La legge impone il rendiconto. 

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