«Antonveneta autonoma anche col nuovo piano Nessuna fusione in Mps»

SCHIERATI Da sinistra Menzi, Vigni, Mussari e Pisaneschi
SCHIERATI Da sinistra Menzi, Vigni, Mussari e Pisaneschi
 PADOVA.
Per tracciare un bilancio sul triennio che ha visto la ristrutturazione di Antonveneta, Giuseppe Mussari, presidente del Montepaschi, ricorre a un paragone marinaro: «La banca è una nave che ha terminato i lavori in porto. Oggi è un natante pronto a salpare e ad affrontare qualsiasi mare». Navigherà con il suo marchio, restando cioè autonoma, a conferma della presa della banca sul territorio: «Non avrebbe senso una fusione con Montepaschi» dice Mussari. «Non realizzeremmo alcuna sinergia, perderemmo un marchio prezioso, non taglieremo alcun costo visto che già abbiamo qui una direzione snella e una gestione efficiente» dice. Insomma, aggiunge, Montepaschi la sua fusione l'ha già fatta, prima di Unicredit «incorporando Bam, Banca Tosca, banca 121», e manterrà un marchio autonomo nel Nordest. «Anche Intesa Sanpaolo con Cassa del Veneto ha replicato questo modello».  L'autonomia, Antonveneta se l'è conquistata in un triennio di severa ristrutturazione guidata con pugno di ferro da un direttore generale come Giuseppe Menzi, che ha preso in mano la gestione, portando dei risultati che parlano, nel 2010, di 12.000 clienti in più netti, di una quota di mercato che si avvicina alla quota di sportelli (6,91%) una quota di impieghi del 5,33 e del 5,80 sui depositi. Raccolta e impieghi segnano un progresso del 5% e dell'8%. E le sofferenze? «Abbiamo lavorato per riqualificare il portafoglio crediti. Solo nel 2010 - dice Menzi - abbiamo portato in porto 190 operazioni di ristrutturazione dell'indebitamento per un totale di 700 milioni. E speriamo che il peggio sia passato, anche se sul futuro non si può mai dire molto».  Più volte, durante la conferenza stampa, i vertici di Montepaschi (insieme a Mussari c'era il direttore generale Antonio Vigni), hanno tenuto ad elogiare Menzi, la sua squadra, confermando la fiducia e la soddisfazione per i risultati raggiunti e rigettando le ipotesi di un qualche malessere nel management. «Non mi risultano - dice Mussari - altre uscite se non quella di Daniele Pirondini che è andato in pensione. Per il resto si tratta di normali avvicendamenti e del normale turnover negli incarichi legato solo a questioni di merito e al fatto di lasciare spazio alle persone più giovani. È passato il tempo in cui altre motivazioni entravano in gioco nella scelta degli incarichi». E poi sostiene che Antonveneta, con la sua operatività, è anche un luogo dove sperimentare un nuovo rapporto banca cliente per esportarlo. La fase più aspra delle polemiche con gli imprenditori, dicono i vertici della banca, è del resto passata per fare posto «a uno scenario che è di condivisione per le preoccupazioni del futuro, che vanno da Basilea 3, all'andamento di una congiuntura che migliora ma che ha lasciato sul campo molte crisi aziendali e molti posti di lavoro».  I risultati di Antoveneta, che saranno approvati oggi dal Consiglio, ma resi noti solo dopo l'approvazione dei conti di Montepaschi, portano dunque, come dice Vigni, a disegnare «un'integrazione ben riuscita nei numeri che partiva da target ambiziosi», con 400 filiali che operano compatte su un territorio omogeneo. «Non ci sono ragioni per cedere sportelli - dice Mussari - visto che l'Antitrust non ce lo ha imposto». Adesso si apre un'altra fase con il nuovo piano triennale che deve essere ancora presentato per una banca che, dice Andrea Pisaneschi che ne è il presidente, «porta i suoi risultati dalla rete commerciale, non ha finanza, né tesoreria» ma che, dice Vigni, potrà giovarsi dell'accordo di bancassurance con Axa e di quello sui Fondi con Anima e Clessidra.  

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