La Procura di Venezia presenta appello contro la sentenza Turetta: «Ci furono crudeltà e stalking»

Il pubblico ministero contro la sentenza che ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Per l’accusa, non ci sarebbe dubbio che 75 pugnalate e una aggressione durata oltre 20 minuti abbiano prolungato l’agonia della giovane

Roberta De Rossi
Filippo Turetta
Filippo Turetta

La Procura di Venezia ha presentato appello contro la sentenza con la quale la Corte d’Assise di Venezia ha, sì, condannato Filippo Turetta all’ergastolo per aver ucciso con premeditazione Giulia Cecchettin, ma non ha riconosciuto le aggravanti della crudeltà e dello stalking.

La sentenza contestata

Per la Corte d’Assise, la “mattanza” delle 75 coltellate inflitte da Turetta a Giulia Cecchettin è stata «conseguenza della inesperienza e della inabilità» nell’uccidere, poiché la dinamica dell'omicidio non permette di «desumere con certezza» che Turetta volesse «infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive».

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La Corte non ha riconosciuto neppure lo stalking che la 22enne ingegnera prossima alla laurea aveva - per l’accusa - dovuto subire per mesi e mesi dal suo ex, con migliaia di messaggi, telefonate, apparizioni nei luoghi dove lei si trovava.

Per la Corte, le molestie non si sarebbero trasformate in persecuzioni perché Giulia non appariva impaurita da Filippo e talvolta era lei stessa ad invitarlo ad uscire. Come nell’ultimo giorno della sua vita, quando gli aveva chiesto di accompagnarla alla Nave de Vero per acquistare un abito e le scarpe per la laurea.

La Corte d’Assise ha comunque condannato Turetta all’ergastolo, per «l'efferatezza dell'azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l'imputato non accettava l'autonomia anche delle più banali scelte di vita»

Il ricorso della procura

Ieri, il pubblico ministero Andrea Petroni ha depositato il proprio ricorso, chiedendo alla Corte d’Assise d’Appello di giudicare Turetta colpevole di aver agito anche con crudeltà e di aver stalkerizzato Giulia: due aggravanti che, se accolte, potrebbero portare ad un aggravamento delle condizioni di detenzione di Filippo Turetta, con un periodo di isolamento e con tempi molto più lunghi prima di ottenere un qualsiasi permesso detentivo.

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Nella memoria di 20 pagine, il pm Petroni riprende quelle che erano state le sue parole nel corso della requisitoria al processo di primo grado.

La crudeltà: «Non solo le 75 ferite»

Il pm Andrea Petroni sa che l’aggravante della crudeltà è difficile da dimostrare: «Si applica quando il disvalore del fatto è gravissimo nelle conseguenze. Non bastano tanti colpi di arma per contestarla», ha detto in aula.

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Da qui lo scrupolo di costruire questa contestazione su un insieme di aspetti: «Sul fatto di aver pianificato e attuato un piano che prevedesse il sequestro, l’aggressione, l’immobilizzazione con nastri e corda; più fasi di aggressione; la vittima trasportata in un altro luogo nella consapevolezza che sarebbe morta. Tutte le circostanze - non solo le 75 ferite, per altro in posizioni inaccettabili, come l’occhio, l’orecchio - che dimostrato totale insensibilità all’altrui patimento».

Un omicidio iniziato con l’aggressione nel parcheggio di Vigonovo e finito 20 minuti dopo sotto le telecamere della ditta Dior a Fossò, con Giulia che stramazza a terra. Corpo inerme che Filippo carica in auto, per poi sparire per una settimana. «Immaginatevi cosa significhi essere bloccati, silenziati, feriti con quella violenza e sapere che stai andando incontro alla morte», ha detto il pm. Giulia ha provato a difendersi: le sue mani sono trafitte da 25 ferite, anche se quelle che l’hanno uccisa sono due profonde coltellate alla nuca.

Lo stalking

«Con ogni certezza Turetta ha consumato atti persecutori e diverse condotte maltrattamenti», ha detto ancora il pm Petroni nella sua requisitoria e riportato nella memoria, «richieste ossessive di stare sempre insieme, di vedersi via Zoom, martellanti di non uscire con altri, sfuriate quando lei non risponde, centinaia di messaggi e principi di violenza fisica, minacce («La vita è finita per entrambi se non ti laurei insieme a me», le scrive lui). Cecchettin dichiara già ad ottobre alle amiche di avere a paura, che Turetta è diventato violento. Il 23 ottobre dice loro “Vorrei che sparisse”.

 

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E a lui: “Mi spaventi, mi fai paura, voglio stare serena, psicopatico di merda.Io mi allontano Pippo perché mi fai paura. È da matti e non è la prima volta che succede”, gli scrive quando scopre che lui la controlla online. È l’atteggiamento dell’imputato che determina il ritorno di Cecchettin.

Lui la manipola, “ Mi spaventa che non mangia da 3 giorni”, dice alle amiche “vorrei sparire dalla sua vita, ma mi sento in colpa possa farsi male”. Lei aveva paura a causa delle pressanti richieste».

Al momento non è ancora stato depositato alcun ricorso in appello da parte dei legali di Turetta, gli avvocati Caruso e Cornaviera. C’è tempo fino al 27 maggio.

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