Zanussi, la Belle Époque dell’auto rivivono due miti degli anni ’40

TREVISO. Nastri d'asfalto e polvere di stelle. La Marca Trevigiana ha dato il benvenuto a una delle ultime avventure della nostra epoca: la Mille Miglia. Non solo competizione automobilistica ma anche passerella di icone in livrea. Vecchie signore, di fatto opere d'arte. Dai circuiti ai pavé irregolari dei centri storici le 450 vetture in gara stanno affrontando milleseicento chilometri dove si tastano prestazioni e velocità per bruciare le tappe. La Freccia Rossa partita da Brescia ha toccato ieri pomeriggio Asolo, poi ha fatto rotta a Castelfranco. La città della Duse dedicata al controllo del timbro, quella del Giorgione a fare da sfondo alla prova cronometrata. Al passaggio degli equipaggi rombo di motori ma anche un tributo simbolico ai trevigiani che hanno lasciato un'impronta nella leggenda. Uno su tutti si chiamava Fioravante Zanussi, classe 1894, origini friulane ma cuore che pulsava nella scuderia di Borgo Cavalli, quindi a Porta Santi Quaranta e in via Pinelli.
Il suo nome nell'olimpo dei costruttori accanto a Ferrari, Maserati, Fiat e Cisitalia. Sapeva elaborare una "Topolino" per la scalata, assetto leggero e forme dinamiche per tagliare l'aria come un quadro futurista. Zanussi è il padre di due vetture che in questi giorni gli rendono onore. Una - la Zanussi Fontebasso Sport degli anni ’40 - all'interno del museo bresciano della Mille Miglia per il 90esimo anniversario della kermesse, l'altra in gara, una Zanussi modello Fiat 500 Sport del '39. La numero 150 condotta dagli olandesi Pieter van Andrighem e Carola Berkel. Vernice rosso acceso, targa originale "TV10134" e un 13 sul cofano a indicare l'ora di partenza dell'ultima edizione storica della Mille Miglia datata 1951. «Capita che la vita ti sorprenda restituendo dei "pezzi" di esistenza passata che credevamo perduti e dimenticati» commenta Daniela Zanussi, nipote di Fioravante «i ricordi si rincorrono l'un l'altro e solo allora ho compreso che non è stato un caso aver scoperto che le auto sportive che mio nonno aveva preparato e costruito per altri e pilotato lui stesso, esistono ancora, restaurate, messe in mostra e addirittura in gara. Sono un brano di storia familiare e un tassello di storia della nostra città, dei suoi valori e della sua operosità». Nostalgia e ammirazione prendono forma all'interno del sito dedicato al celebre costruttore (www.fioravantezanussi.it). Foto in bianco e nero dipingono un'epoca fatta di entusiasmo e gioia di vivere. Mani unte e parecchio intuito per andare più veloci. Bucare il cronometro e allontanare il dramma delle due guerre mondiali. Firmate dal preparatore trevigiano anche una Bmw 2000 Sport indicata come "la macchina da corsa Zanussi", che a vederla pareva un siluro. E una introvabile Zanussi-Brescazin di cui restano le immagini di sfide polverose sui tornanti delle Dolomiti.
Nella Belle Époque che ha visto nascere il mito italiano dell'automobilismo Zanussi era punto di riferimento per appassionati e cultori delle quattro ruote. Gente che di motori se ne intendeva come l'amico Giovanni Battista Cavarzerani di Carbonera, detto il "temerario", spesso in compagnia del conterraneo Cesco Van Den Borre, animo da botanico e piede "a tavoletta". Li si trova alla Mille Miglia a bordo di una Zanussi 750 Sport. E ancora il montebellunese Renzo Rugolo e Fiorino detto "Rino" Mazzocato fondatore della concessionaria Nordauto. Correvano gli anni Cinquanta e correvano veloci anche Antonio Primo Fontebasso, Diego Zanotto, Aniceto Carbonin, Alfredo Brescazin. Nomi scritti nell'albo d'oro della Mille Miglia a cui speriamo si aggiungano presto quelli del castellano Simone Beltrame e del copilota Enrico Ceccon di Morgano, che stanno affrontando la gara a bordo di una Lancia Aprilia 1500 del 1949. Ad attenderli duecento comuni. Dopo la notte a Padova oggi si tocca Roma, non prima di aver vinto le prese della Repubblica di San Marino. Poi la terza tappa a Parma. Sarà tutto un rincorrersi di borghi e paesaggi mozzafiato fino al traguardo di domenica a Brescia.
Non a caso per Enzo Ferrari questa era «la corsa più bella del mondo».
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