«Volevo investire nell’arte Ingannato per 280 mila €»

«Mi piacciono i quadri e quando mi parlarono della collezione di Rosario Poidimani andai a vederla a Vicenza. Fra tutte le opere che teneva in casa e in un museo, circa 300, ne scelsi sette: De Chirico, Rosai, Morandi, Sironi, De Pisis e Carena. Spesi 280 mila euro». L’imprenditore trevigiano Franco Zorzi, titolare dell’azienda Rimorchi e Semirimorchi, ha raccontato ieri mattina in aula quello che doveva essere un super-affare nel campo dell’arte. Ma che, stando perlomeno alle accuse, si è rivelato un clamoroso abbaglio di cui Zorzi è rimasto vittima. È stato lui a ripercorrere, passo dopo passo, le tappe della disavventura che ha portato sul banco degli imputati nientemeno che un «principe» (come lui si qualifica): il siculo-vicentino Rosario Poidimani, 72 anni, aspirante re del Portogallo in qualità di figlio adottivo di Donna Maria Pia di Sassonia Coburgo Gotha, duchessa di Braganza e sedicente figlia illegittima di Carlo I, penultimo re di Portogallo e di una certa Amelia Laredo y Mursia. Oltre a collezionare antenati reali, Poidimani è anche un collezionista d’arte. Nel 2006, quando lo stato delle sue finanze non è esattamente florido, decide di vendere alcuni pezzi della sua pinacoteca. È in quel periodo che da Treviso arriva nella dimora vicentina del «prinicipe», l’imprenditore Zorzi. «Scelsi i quadri, vidi che dietro c’era la certificazione di autenticità», ha ricostruito ieri l’imprenditore sentito come testimone, «Alcuni giorni dopo me li consegnarono e io pagai i 280 mila euro». Concluso l’affare, l’imprenditore ha però qualche ripensamento: «Decisi di chiedere una verifica con la Fondazione De Chirico e con altre fondazioni tramite Christie’s: risultò che probabilmente non si trattava di opere autentiche. Così decisi di fare denuncia per truffa». Ma l’imprenditore, con la querela come con le opere d’arte, ci ripensa: «Rimisi la querela perché avevo trovato un accordo con Poidimani, accordo che però non si è mai perfezionato». Malgrado ciò Zorzi decide di non andare avanti: «Ho lasciato perdere perché sapevo che Poidimani era in condizioni finanziarie difficili». Nessun seguito neppure per la causa civile che lo stesso aveva avviato nei confronti del «principe». Insomma l’imprenditore, rappresentato dall’avvocato Umberto Saracco, ha «perdonato» Poidimani e non importa se in casa, anziché preziosi oli, avrebbe una collezione di croste. La difesa del vicentino, rappresentata dall’avvocato Mario Allegra, assicura però che si tratta di quadri autentici come intende dimostrare con una perizia che chiederà al tribunale. Poidimani, ha sottolineato il legale, è comunque convinto dell’autenticità di quei lavori tanto che quando si trattò di venderli all’imprenditore lo fece di malavoglia e solo a seguito di insistenze. «Se non fossero autentiche, lo stesso principe sarebbe stato ingannato», assicura il legale. L’udienza è stata rinviata al 19 dicembre.
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