Vittorio Veneto, i blindati salvano l'Iveco

Niente cassa integrazione e quindici assunzioni in arrivo per produrre i nuovi «lince»
Un blindato lince usato per la missione in Afganistan
Un blindato lince usato per la missione in Afganistan
 VITTORIO VENETO.
La guerra o, quanto meno, le missioni di pace, graziano la Iveco di Vittorio Veneto. I lince, i blindati come quelli usati in Afghanistan, non solo preservano l'azienda dalla crisi (neppure un giorno di cassa integrazione), ma le consentiranno di fare nuove assunzioni. Poche ma buone: una quindicina. Una manna in tempi di crisi.
 L'Iveco produce, nello stabilimento vittoriese, componentistica per blindati militari, dopo aver lavorato per anni nel settore dei pullman, trasferito altrove, in tempi recenti. Ma si appresta a fare un salto di qualità, come hanno appreso i delegati rus, accompagnati dai sindacalisti, durante la recente visita alla casa madre di Bolzano.  L'Iveco ha infatti annunciato alla delegazione di Vittorio Veneto che nelle prossime settimane ci saranno delle assunzioni. Tra le 15 e le 20, per iniziare.  Ma il prossimo anno potrebbero aumentare. Oggi l'organico è di circa 120 unità. «Abbiamo appreso che stanno arrivando nuove commesse - riferisce Alessio Lovisotto, della Fim Cisl, che con Manuela Marcon della Fiom Cgil è stato a Bolzano - Si tratta di adeguamenti al classico lince, il blindato conosciuto in Afghanistan, in modo di dotarlo di maggiore sicurezza. In terra afghana, infatti, si è rivelato fragile, in taluni casi fin troppo fragile».  Da Vittorio Veneto usciranno i «linciotti», mezzi tanto più potenti. Le commesse di queste macchine si stanno moltiplicando, arrivano da circa una ventina di Paesi, in particolare dall'America Latina. L'Iveco, dunque, amplia il suo mercato, ben oltre il tradizionale mercato italiano. Secondo le previsioni del sindacato, la fabbrica di Vittorio Veneto ha lavoro assicurato per tre anni. E fino a oggi non ha visto la crisi. Neppure un'ora di cassa integrazione, tanto meno licenziamenti e mobilità.  «L'Iveco è una delle aziende di Vittorio Veneto che dà maggiori garanzie di sicurezza e di futuro», sottolinea il sindacalista cislino. Ma a quale prezzo? Della guerra, ovviamente. «Non sono militarista. I problemi di coscienza me li pongo anch'io - risponde - Si può giustificare la guerra per dei posti di lavoro? Dico di no, ma qui a Vittorio Veneto, città di pace per antonomasia, si lavora per la pace, non per la guerra. Questi mezzi, infatti, vengono usati non per l'offesa, ma per mantenere la pace in quei teatri dove si trova in condizioni di estrema fragilità».

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