Troppa violenza in discoteca, i gestori: «Servizi di ordine pubblico a pagamento»
La proposta di Giannino Venerandi, vicepresidente provinciale del Silb, dopo l’omicidio di Lorenzo Cristea a Castelfranco: «Da soli non ce la facciamo». Nel mirino dei gestori anche la musica trap che a volte condiziona i comportamenti

Forze dell’ordine fuori dai locali, per un divertimento sicuro. È la proposta di Giannino Venerandi, vicepresidente provinciale di Silb – l’associazione delle imprese di intrattenimento, da ballo e di spettacolo, che fa capo a Fipe – per gestire i giovani clienti delle discoteche, sempre più attratti dal linguaggio della violenza.
A una settimana dall’accoltellamento e dalla morte del 20enne Lorenzo Cristea, a qualche centinaio di metri dal Playa Beach Club, sabato sera il titolare Christian Simioni ha chiamato a raccolta amministratori e imprenditori del settore. Invitandoli tutti all’Arya’s, l’altro locale da lui gestito, sempre a Castelfranco ma in zona ex Melody. È lì che, nel corso di un dialogo commosso, sono state condivise preoccupazioni, esperienze, proposte per affrontare un mondo giovanile profondamente cambiato, anche nel modo di divertirsi.
La proposta
«Noi come attività dobbiamo seguire norme specifiche – ha detto Venerandi –. Per i locali che hanno grandi capienze, come quello che gestisco, c’è una norma nazionale che prevede che oltre le 1.500 persone contemporaneamente presenti all’interno, siamo obbligati ad avere la sicurezza dei vigili del fuoco. È un servizio che siamo tenuti a pagare, come imprenditori, facendone richiesta. Più persone prevediamo, più operatori dei pompieri dobbiamo coinvolgere. Sono pubblici ufficiali e gestiscono ad esempio la sicurezza delle strutture e l’esodo. Ecco, io pagherei volentieri anche carabinieri e poliziotti per aiutarci a governare gli altri aspetti della sicurezza, all’esterno del locale. Anche in chiave preventiva. Come avviene nei grandi concerti».
La musica dei trapper
Una proposta, quella di Venerandi, che scaturisce da un dato di fatto. La musica è cambiata. I testi di tanti trapper sono aggressivi e incitano alla violenza.
«Un grosso problema – commenta Venerandi –. Le parole delle loro canzoni vanno contro ciò che cerchiamo di insegnare perché, va detto, noi gestori abbiamo un compito simile a quello dei genitori. Chiaramente la trasgressione c’è sempre stata. Ma oggi viene amplificata, diventando sempre più pericolosa».
Eppure i trapper continuano ad animare le serate dei locali. E così agli addetti non rimane che stabilire un equilibrio tra domanda della clientela, rischi e buon senso. «Le case discografiche – afferma Venerandi – sono le prime responsabili. Pur di fare business, lanciano tali prodotti. Qualche volta dobbiamo accettare di ospitare questi artisti».
L’episodio
Puntualmente arrivano le sorprese. «Uno di loro – racconta Venerandi, patron dell’Odissea di Spresiano – è venuto a fare una serata. Avevamo lasciato fuori alcuni gruppi di ragazzi rissosi e agitati. Una volta arrivato questo famoso trapper, gli esclusi hanno accerchiano la sua macchina. Lui li ha calmati cercando di capire cosa fosse successo. “Non ci fanno entrare” hanno detto loro. E lui, rivolto ai miei collaboratori: “Io non mi esibisco se non fate entrare anche loro”. Avremmo potuto dire a questo signore di andarsene, ma aveva già preso in anticipo l’intero cachet, peraltro molto ingente. Dentro lo attendevano oltre 2 mila persone. Se l’avessi mandato via, avrei creato maggiori danni. Spesso – conclude – ci troviamo a gestire problemi che non partono da noi, ma che ci arrivano addosso».
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