Villa Franchetti: a Preganziol le bellezze inaccessibili tra erbacce, crepe, divieti

Non versa proprio in condizioni ottimali il parco di Villa Franchetti. Ieri mattina il parco di Villa Franchetti appariva quasi come un cantiere. «È così da alcuni giorni», conferma il vicesindaco di Preganziol Stefano Mestriner
TOME' AG.FOTOFILM PREGANZIOL CONFERENZA STAMPA VILLA FRANCHETTI
TOME' AG.FOTOFILM PREGANZIOL CONFERENZA STAMPA VILLA FRANCHETTI
PREGANZIOL. Un drone appoggiato ai piedi del grande cedro, tree climbers impegnati a decine di metri d’altezza, camioncini, operatori armati di cesoie e mezzi in azione: ieri mattina il parco di Villa Franchetti appariva quasi come un cantiere. «È così da alcuni giorni», conferma il vicesindaco di Preganziol Stefano Mestriner.
 
Forse è normale manutenzione. Forse, invece, la recente reprimenda del ministero ha spronato i vertici dell’ente provinciale e di Cassamarca. Il soprintendente Andrea Alberti e il responsabile del patrimonio architettonico Edi Pezzetta, non più tardi di metà settembre, scrivevano così: «Il degrado è causa della perdita di manufatti di pregio e d’epoca, come le due serre, la neogotica torretta Belvedere, di costruzioni quali il gioco tradizionale della Borela, del canile, del pergolato romantico adibito dagli Albrizzi a cappella» e concludevano parlando di «grave stato di conservazione e abbandono».
 
Villa Franchetti: a Preganziol le bellezze inaccessibili tra erbacce, crepe, divieti
 
Questa autorevole presa di posizione ha senza dubbio esercitato un impulso decisivo. Di qui la decisione di certificare che non è tutto esattamente compromesso.
 
«Ma sono venuti fisicamente a verificare sul posto?», si chiede qualcuno fuori microfono, «Non abbiamo mai ospitato tecnici della Soprintendenza» fanno sapere da Fondazione. Quali siano le fonti di quel rapporto, basta una ricognizione per capire che non era comunque molto lontano dalla realtà. Seguendo le spiegazioni dell’agronomo paesaggista Claudio Corrazzin emergono ulteriori risvolti.
 
Il tour inizia dalla serra, a cui si appoggia un edificio in stile moderno: «Questa struttura è stata riconvertita in mensa, quando qui c’era l’università» commenta Corrazzin. Davanti c’è l’antico maneggio che un tempo «si diceva fosse tutto coperto con una struttura in vetro di Murano».
 
Un po’ di immaginazione e si può ricostruire che piccolo paradiso fosse questo luogo due secoli fa. Il parco della villa è caratterizzato da due diverse fasi. Durante il salotto letterario di Isabella Teotochi Albrizzi aveva una struttura di «parco all’italiana» spiega Corrazzin «poi l’esploratore Franchetti ha metà ottocento ha dato un’impostazione diversa».
 
Man mano che ci si allontana dal Terraglio e si entra nel parco emerge la progressiva “rinaturalizzazione” delle strutture e il proliferare di nuove specie.
 
Gli storici ippocastani sono decimati, i cedri giganti (alcuni arrivano a sfiorare i 50 metri di altezza) sono all’ultimo stadio. Cadono rami, alcuni alberi sono tenuti in piedi con le corde, i rovi hanno preso possesso di ogni cosa: le due serre, il canile («qui si diceva che Franchetti tenesse un leone»), la Torre Belvedere, la cappella, il pergolato utilizzato per i giochi («non la borela» precisano).
 
«I rovi qui» spiega l’agronomo «hanno una funzione protettiva, impediscono alle persone di entrare, sono molto dissuasivi». Quando non ci sono i rovi ci sono i nastri bianchi e rossi, oppure i cartelli di divieto di accesso.
 
Quanto costerebbe rendere fruibile il parco in sicurezza? A questa domanda, per ora nessuno risponde, non sembra ancora un obiettivo alla portata. «Il costo a regime» spiega Corrazzin «potrebbe essere di 250 mila euro l’anno». Oggi se ne spendono tra i 100 e i 150 mila. 
 

 

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