Vittorio Veneto, fuga delle suore e progetto hotel: il futuro del monastero è incerto
Dopo la rimozione della badessa Aline Pereira e l’esodo di alcune suore, il futuro del monastero di San Giacomo è incerto. Si riapre l’ipotesi di trasferimento a Villa delle Rose, ex sanatorio, contesa anche da una multinazionale per un progetto turistico

Villa delle Rose, l’ex sanatorio di Vittorio Veneto, come sede del futuro monastero di clausura? Ritorna l’ipotesi coltivata in città vent’anni fa.
E si intreccia con la fuga dal monastero delle suore fedeli all’ex badessa Aline Pereira, destituita dai vertici dell’Ordine Cistercense. Nel monastero di San Giacono ora sono rimaste solo in dodici, undici più la nuova badessa, madre Martha Driscoll, inviata da Roma per sostituire la religiosa brasiliana.
Il progetto dell’albergo
Indiscrezioni danno, infatti, una multinazionale americana interessata ad acquisire la struttura per trasformarla in un grande albergo e centro benessere. Si parla anche di trattative in corso. Ma con chi? L’Ordine Cistercense che ha la proprietà dell’immobile, al momento, non sarebbe intenzionato a vendere. Anzi, nella nota di due giorni fa con cui ha annunciato il commissariamento e la sostituzione dell’ex badessa Aline Pereira, l’Ordine ha dato per scontata la continuità della comunità, precisando che era composta di 20 monache, oltre alle 5 uscite (a cui si aggiungono madre Aline e la priora Maria Paola Dal Zotto).
L’ex badessa contesta i numeri: secondo i suoi calcoli nel convento sono rimaste solo in dodici consorelle. Alcune si sono allontanate proprio dopo la nota diffusa a Roma. Quanto alle trattative con la multinazionale, rumors giunti anche all’attenzione della Diocesi, gli interlocutori non sono chiari, ma chiaro sarebbe il progetto: realizzare un albergo di lusso nel cuore delle colline vittoriesi.
Nuova comunità religiosa
Un’ipotesi che filtra dagli ambienti ecclesiastici è che suor Aline e altre consorelle stiano valutando la possibilità di costituirsi in una nuova comunità monastica, piuttosto che a chiedere accoglienza presso altri Istituti religiosi. Certo che Villa delle Rose, di proprietà privata dopo la cessione da parte dell’azienda sanitaria, è ancora sul mercato, dopo 20 anni.
E ai tempi dell’amministrazione Scottà è stato l’immobiliarista Roberto Camerin, che aveva acquisito lo stabile per 800 mila euro, a trattare con il vertice del monastero uno scambio. Siccome il sindaco del tempo, Giancarlo Scottà, era interessato a trasformare l’area tra le due barchesse del convento nella nuova piazza di San Giacomo di Veglia, ecco che l’alternativa per le monache poteva essere la Villa delle Rose, di ben quattromila metri quadrati, tra l’altro prossima alla cittadella della salute. Il dibattito si sta riaccendendo in queste ore, perché il futuro del monastero è incerto.
Villa delle Rose
Per la verità, all’epoca, si era palesata anche un’altra opportunità: trasferire la clausura in un’ampia cascina su un colle tra Colle Umberto e Castello Roganzuolo. Le due ipotesi impattarono però contro l’opposizione del quartiere di San Giacomo.
E oggi il coro di “no” si rinnova. Con a capo, tra gli altri, il presidente stesso del consiglio comunale, Alessandro De Bastiani: «Più di 25 anni fa abbiamo ingaggiato una dura battaglia per la difesa del monastero. Siamo pronti a rinnovarla».
Reazioni politiche
Anche Toni Da Re, che da sindaco di Vittorio Veneto si è adoperato per tutelare le monache, rinnova il suo netto «Giù le mani dal monastero: nessuno si permetta di sottrarlo alla comunità locale». Il problema però adesso è anche di numeri: se l’Ordine non riuscirà a far rientrare le fuoriuscite, o a trovare una mediazione con l’ex badessa,
il convento di San Giacomo potrà proseguire la sua attività con un numero così esiguo di religiose al suo interno? Scende in campo anche il consigliere regionale Roberto Bet che, dopo aver espresso la sua «vicinanza e solidarietà alla madre badessa suor Aline e alle suore del monastero di San Giacomo, recentemente costrette a lasciare la loro casa e comunità», invoca il massimo di salvaguardai per il monastero che è una «vera e propria istituzione» per tutta la città. «Ne dobbiamo difendere l’integrità» afferma.
Bet ammette di conoscere bene suor Aline: «Una guida spirituale autentica, sempre pronta all’ascolto e all’accoglienza. In questi anni ha custodito e valorizzato il monastero come luogo di preghiera, di incontro e di profonda umanità. Comprendo il dolore e la prova che stanno vivendo, avendo ascoltato la loro sofferenza. Decisioni così drastiche lasciano ferite, ma la Chiesa, attraverso il diritto canonico, garantisce strumenti per un cammino trasparente».
L’esponente regionale ricorda che il codice di diritto canonico prevede e disciplina il caso che un superiore possa essere rimosso dal proprio incarico solo per motivi gravi e con una procedura precisa ed è data la possibilità di presentare un ricorso contro decisioni che si ritengano ingiuste».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso