Vigneti, mercato saturo: i giovani sono esclusi

Introvabili terreni e quote: solo l’1,6% dei nuovi agricoltori lavora nel settore. Guidolin (Prosecco Doc): «Non possiamo più inseguire la quantità»

Lorenza Raffaello
Panoramica sulle vigne del prosecco in località Rolle
Panoramica sulle vigne del prosecco in località Rolle

Vigneti appartenenti alle stesse famiglie da generazioni, terreni dal costo esorbitante e un mercato che negli ultimi tempi, per la battaglia no alcol, ha qualche criticità in più.

Quello del vino, dopo anni di boom, oggi è un business sempre ambito ma poco accessibile ai giovani che intendono entrare in agricoltura.

E, si badi bene, non è questione di volontà, ma di impossibilità: non ci sono più terreni disponibili alla coltivazione di Prosecco Doc o Docg e quelli che ci sono hanno dei prezzi esorbitanti; i rossi non funzionano più e la coltivazione di Glera non permette di far fruttare un eventuale investimento; il complesso sistema di quote e diritti d'impianto (oggi quasi impossibili da ottenere) scoraggia chi si avvicina a questo mondo.

I numeri

A confermarlo sono i numeri dell’osservatorio per lo Sviluppo rurale del Veneto. Soltanto l’1,6% dei nuovi agricoltori finanziati dalla Regione, di età media 29 anni, dal 2023 in poi ha deciso di investire nel settore vino, a fronte del 21,5% del periodo 2014-2022.

Il motivo? Non ci sono più vigneti disponibili da acquistare, tutte le denominazioni hanno raggiunto la saturazione in quanto a superficie. Lo dimostra anche la quotazione media dei vigneti: dopo una crescita costante, i valori sono pressoché stabili dal 2022 (sui 182 mila euro l’ettaro, mentre erano 157 mila nel 2013).

Secondo i dati forniti da venetorurale.it, i giovani trevigiani neoinsediati nel 2024 sono stati una sessantina. Quello che stupisce è il settore a cui ambisce chi presenta la domanda di fondi regionali: la stragrande maggioranza sceglie le grandi colture (il 49,7%), una fetta consistente (il 13,7%) gli animali da pascolo.

«Compra terreni chi lo fa già di mestiere, mentre chi non fa l’agricoltore e non ha proprietà è escluso dal business. Il vigneto è un investimento importante: si tratta di spese mirate e fatte da chi ha già uno sviluppo commerciale tale da giustificare l’investimento», commenta Giorgio Polegato, presidente Coldiretti Treviso, «Le trattative di compravendita ci sono ma è più facile che le faccia chi è del settore: non è più possibile piantare Prosecco, sia Doc che Docg, e Pinot Grigio. I rossi non hanno mercato. Resta il Glera, ma non è molto remunerativo, perciò è molto difficile rientrare dall’investimento».

Il Prosecco Doc

«La nostra denominazione ha sempre creduto in una crescita coerente con le reali esigenze del mercato. Non abbiamo mai inseguito la quantità a ogni costo, ma lavorato con responsabilità per garantire equilibrio tra domanda e offerta, valorizzando il territorio e tutelando la qualità del prodotto» afferma Giancarlo Guidolin, presidente Consorzio di Tutela Prosecco Doc.

«È evidente che la complessità del contesto attuale – economica, normativa e climatica – non stimola nuovi investimenti. Le incertezze internazionali, i costi crescenti e la pressione sul lavoro agricolo rendono più difficile, oggi, scommettere sul lungo periodo. Ma chi opera in una denominazione forte e strutturata, come la nostra, sa di poter contare su una filiera solida e su un’identità riconosciuta nel mondo. Infine, basta osservare altre aree d’Italia e d’Europa per capire che lo scenario non è quello della crescita, ma in molti casi dell’abbandono o addirittura degli espianti. In questo contesto, poter contare su un territorio vivo, su una rete produttiva attiva e su un brand in continua ascesa, è un patrimonio che va tutelato e gestito con intelligenza, senza forzature, ma anche senza rinunce».

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