Vedette, spacciatori e dosi nascoste: ecco come funziona lo spaccio in via Roma a Treviso

TREVISO. Tieni gli occhi fissi, non distogliere lo sguardo anzi. Se ti serve qualcosa quello è il miglior modo per attaccare bottone. Poi il resto spesso lo fanno loro, i piccoli spacciatori che si sono divisi l’area tra la stazione dei treni e Ponte San Martino, una trentina di metri dove durante l’anno scolastico incrociano migliaia di studente a cose normali turisti, passanti, residenti e gli acquirenti di un giro di piccolo spaccio che “gira” benissimo, sfottendo e sfidando a testa alta le retate (tante) delle forze dell’ordine.
Ci riesce perchè è organizzato bene. Nel giro di pochi anni il sistema ha imparato a fare la tara alle telecamere, ai cani antidroga, ai sequestri e anche agli arresti. Lo si capisce non appena si risponde al «Ciao, tutto bene?», che è la frase con cui chi spaccia nella zona lancia l’esca per piazzare il “fumo”, hashish o marijuana che per alcuni degli immigrati che sostano nella zona rappresentano un vero business.
«Ciao, tutto bene si, ma sai se trovo un po’ di fumo?». Inutile girare a largo. Siamo al ponte sulla fossa delle Mura, a pochi metri dalla palla di Benetton. Davanti a noi c’è un ragazzo di colore in maglietta e pantaloncini, al suo fianco, appoggiato alla sponda del ponte, un altro giovane mulatto in mountain bike, cappellino sportivo, camicia. Scambio di occhiate rapidissimo tra i due poi di nuovo a noi: «Quanto?». «Dieci, se è buona ci vediamo anche domani». Alla promessa non presta ascolto, impossibile capire se l’abbia ignorata o non l’abbia capita, dice solo: «Aspetta». L’amico vicino a lui scende dal muretto, sale in sella e se ne va. Attacchiamo bottone alla bene e meglio, nome, di dove sei, anni... Il ragazzo guarda noi, sorride,. e guarda più lontano verso la stazione. Buttiamo l’occhio: altri due ragazzi a far nulla, ma non lì a caso: controllano strade e marciapiedi per avvistare la polizia.
Il ragazzo in bicicletta? Sparito verso i giardinetti della stazione e oltre. Poco dopo riappare e non appena lo vede l’amico rimasto con noi allunga la mano: i soldi. Li abbiamo piegati. Il passaggio è veloce ma nemmeno troppo preoccupato, pochi istanti dopo la mountain bike frena vicino a noi. «Hey ciao», nella mano tesa c’è una bustina. In un secondo lui è “pulito”, noi abbiamo l’erba. Sorriso di rito e via con tanti saluti.
Loro restano sul muretto, scambiano battute in lingua che non capiamo: sfottò? chissà. Con l’erba in tasca ci allontaniamo tra il via vai delle quattro del pomeriggio. Poco dopo lì vicino parcheggia una pattuglia della polizia locale. Loro, lo spacciatore, l’amico e la vedetta, restano lì, non hanno nulla d a temere. Addosso hanno solo i soldi che gli abbiamo dato noi e chissà quanti altri. Dov’è lo stupefacente? In via Gozzi, vicino alla ferrovia, nascosto sotto un vecchio giornale buttato su un davanzale sporco e ignorato. Un posto perfetto, come perfetto il confezionamento: bustine rosse di plastica con chiusura e marchietto: la testa di un diavolo. Dentro ognuna fiori di marijuana.
A buttarle lì poco prima che andassimo a comprarle era stato proprio il ragazzino col cappellino. L’avevamo visto e l’abbiamo seguito. Potevamo “fregarlo” rubandogli l’erba, l’abbiamo pagata per capire come funzionasse il sistema. A prendere le dosi rimaste ci ha pensato poco dopo la pattuglia della locale che avevamo avvertito del nascondiglio. Uno dei tanti probabilmente utilizzati in tutta l’area dove il sindaco Conte pensa di togliere le fioriere per evitare diventino depositi della droga. In passato infatti proprio la locale, in uno dei suoi blitz, scoprì che lo stupefacente si celava nei cespugli, negli anfratti delle vecchie mura, nei tombini. Il giro è fiorente, l’inventiva di chi spaccia non scontata.
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