Un debito da 85 mila euro con Shala Così Severin “cede” la proprietà a Venezia

VENEZIA
Villa Ducale regala ricordi dell’antico splendore a chi percorrere il canale di Mazzorbo per arrivare a Burano. È in evidente stato di rovina con finestre spalancate e muri che si stanno scrostando. È uno dei quattro edifici di Mazzorbetto, tra i quali c’è pure l’abitazione che fu il buen retiro di Helenio Herrera e della moglie Flora. In tutta nell’isola ci vivono 4 persone. Nelle pertinenze di Villa Ducale c’è pure un giardino di 2000 metri quadri. L’edificio si trova ancora sul sito internet di un’agenzia immobiliare, in vendita a 500 mila euro. Anche se il valore stimato è di 2 milioni di euro. A questo immobile sono legati due episodi di presunta usura e poi estorsione, contestati a vario titolo, agli indagati. Il primo risale a 10 anni fa. A quando la villa era di proprietà dell’imprenditore di Paese Giuseppe Severin. L’imprenditore noto per avere tentato di realizzare una piattaforma per il trattamento dei rifiuti a Fusina, in quel periodo ha bisogno di soldi. Come hanno ricostruito i finanzieri della Compagnia di Mirano, finisce vittima dell’usura. Gli presta dei soldi Ilir Shala, 43 anni, residente a Trevignano, che con il fratello lavora nell’edilizia. Gli Shala, già all’epoca, hanno un legame con Antonio Genesio Mangone e il clan dei fratelli Michele e Sergio Bolognino. Severin ben presto si trova a dover restituire una cifra esagerata per le sue possibilità di quel momento: 85mila euro. Non sa come restituirli, mentre Mangone e soci, con Ilir Shala, che attraverso il suo legale si dice estraneo alla vicenda, gli propongono di saldare il debito dandogli in cambio la villa. Ufficialmente organizzano una compravendita per il doppio della cifra che Severin deve restituire. Così in quattro e quattr’otto Shala si ritrova con una villa e un giardino che valgono 2 milioni di euro. Ma l’edificio è malmesso e ci vogliono tanti soldi per sistemarlo.
L’impresario decide di metterla in vendita a 500mila euro. Quindi sarebbe stata avanzata una proposta per l’acquisto al broker svizzero dagli altri del gruppo, al quale successivamente avrebbero estorto 85mila euro, consegnati a più riprese in contanti. Alla base della pretesa, un assegno bancario di 60 mila euro a titolo di caparra per l’acquisto, che, risultato sprovvisto di momentanea copertura, sarebbe stato coperto dal cittadino elvetico, in più riprese sotto le minacce degli uomini del clan che periodicamente salivano in Ticino per andare a minacciare il broker. Ora la villa ospita le reti di alcuni pescatori della zona e cade a pezzi. Non è escluso che possa tornare di proprietà di Giuseppe Severin.
L’imprenditore di Paese, con affari nell’edilizia e nei rifiuti, con la disponibilità di alcuni terreni a Porto Marghera, non è nome nuovo per gli investigatori veneziani. Due anni fa la prescrizione ha spazzato via le accuse che gli erano state mosse dalla procura per una lunga serie di reati ambientali, quale titolare della Sgs, società che aveva ottenuto l’autorizzazione per gestire l’area demaniale di Sacca San Mattia per lo smaltimento di rifiuti inerti. Per il sostituto procuratore Giorgio Gava la sacca era stata trasformata in una discarica abusiva di rifiuti pericolosi: piombo, lana di roccia, motocicli in tale quantità da accumulare. a fronte delle 550 tonnellate di rifiuti stoccabili autorizzati, una collina di oltre 4700 tonnellate di rifiuti. Di lui si era tornato a parlare nella primavera del 2018 per un’inchiesta giornalistica realizzata da Fanpage su traffico e smaltimento di rifiuti usando come infiltrato l’ex camorrista Nunzio Perrella, che in Veneto era venuto in contatto con la faccendiera Grazia Canato, che gli aveva proposto di investire nel progetto di un Terminal a Marghera, su terreno di proprietà proprio di Severin, attraverso il Consorzio Tecnologico Veneziano del quale era amministratore unico. Classe 1944, in passato Severin è stato coinvolto in svariate inchieste, molte chiuse con la prescrizione: dalle discariche abusive nell’area di San Giuliano alla discarica di Sacca San Mattia.
È stato anche co-titolare della Sycorex Ricerche Italia srl di Aversa, società che si occupava di trattamenti di rifiuti e riciclaggio di pneumatici che nel 2011 (del 2016 è la liquidazione per fallimento) venne coinvolta nell’inchiesta “Gold Plastic” della procura di Lecce per traffico illecito di rifiuti e falsità ideologica in atto pubblico. —
Carlo Mion
Francesco Furlan
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