Uccise la moglie e nascose il corpo. Confermata la condanna a Dekleva

TREVISO. La prima sezione della Corte di cassazione mercoledì ha confermato per l’assassinio di Lucia Manca la condanna al marito Renzo Dekleva: 19 anni e otto mesi di reclusione per omicidio volontario, occultamento di cadavere e falsa denuncia di scomparsa. I giudici romani hanno accolto le richieste dell’avvocato di parte civile Antonio Bondi e della Procura generale, che ieri si erano battuti per la conferma della sentenza emessa nel marzo dello scorso anno dalla Corte d’appello di Venezia presieduta dal giudice Luisa Napolitano. La Corte di cassazione, inoltre, ha confermato le decisioni prese dai magistrati veneziani d’appello e dal giudice dell'udienza preliminare Marta Paccagnella per quanto riguarda il risarcimento alla parte civile: alla madre, ai fratelli e ai nipoti della vittima è stata riconosciuta una provvisionale di 386 mila euro mentre il complessivo risarcimento dovrà essere stabilito dal Tribunale civile con un’apposita causa. Dekleva, difeso dall’avvocato Pietro Someda, dovrà pagare anche le ulteriori spese del procedimento romano.

Per conoscere le motivazioni che hanno spinto i giudici romani a respingere il ricorso della difesa sarà necessario attendere alcune settimane, ma la sentenza ricalcherà ciò che avevano scritto i magistrati d’appello. Avevano sostenuto che c’erano «gravi e precisi indizi fra loro concordanti», rilevando anche l’esistenza di almeno tre bugie e contraddizioni dell'imputato.

Scrivendo avevano richiamato le indagini dei carabinieri coordinate dalla pm Francesca Crupi. «L'imputato», primo indizio, «è l'ultima persona che è stata vista con la moglie in vita nella casa coniugale (a Marcon, ndr) verso le 19.30 del 6 luglio 2011». Due: «La Manca è stata uccisa mentre si trovava nella sua abitazione, quando il suo cadavere venne rinvenuto il 6 ottobre 2011 a Cogollo del Cengio aveva indosso solo slip e abito da casa, né scarpe né oggetti e nemmeno quell'anello Damiani con zaffiri e brillanti che quotidianamente indossava quando usciva, ritrovato a casa dove era solita riporlo». Tre: «I coniugi Manca-Dekleva litigavano di frequente, da quando lei aveva casualmente scoperto la relazione extraconiugale del marito, anche se (...) per quanto sofferente e depressa, confidava ancora nella possibilità di recupero, tanto che aveva programmato di lì a poco una vacanza al mare con il marito». Quattro: «La vittima cominciava a temere le reazioni violente del marito nel corso dei litigi, come aveva confidato al fratello e a un'amica». Cinque: «Per gelosia Lucia Manca aveva “indagato” sulla relazione adulterina del marito, identificando l'amante, contattandola (....) le due donne stavano quindi per conoscere la verità e la possibilità per Dekleva di continuare a gestire la sua doppia vita era a quel punto a serio rischio». Sei: «La sera del 6 luglio, l'imputato aveva un appuntamento con l'amante (...) è plausibile immaginare che quell'uscita serale determinò una reazione della Manca». Sette: «È stato accertato (dallo scontrino autostradale con la sua impronta) che nella notte tra il 6 e il 7 luglio l'imputato, lasciata l'amante, dopo essere tornato a casa si recò in autostrada a Piovene Rocchetta, nella zona dove è stato trovato il corpo della moglie». Infine, la saliva di Lucia trovata dai carabinieri del Ris nel bagagliaio dell'auto di lui.
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