Tribunale, Fabbro presidente Vince in volata su Napolitano

«Veneto Banca è un caso emblematico per tanti aspetti. Per le conseguenze che ha avuto sul territorio e sulle molte imprese che sono finite in ginocchio a causa delle operazioni baciate. La banca non ha tenuto fede agli impegni e ancora oggi paghiamo il conto per quello che è accaduto. Il pregio di questo tribunale è proprio quello di aver dichiarato l’insolvenza entro il termine di un anno». Ne è convinto Antonello Fabbro, da ieri nuovo presidente del Tribunale di Treviso su indicazione del Consiglio superiore della magistratura. Sessantacinquenne originario di Zoppola, in provincia di Pordenone, succede ad Aurelio Gatto e a Giovanni Schiavon, tra i primi ieri a complimentarsi con lui.
Fabbro ha superato in volata la sua principale contendente ossia Luisa Napolitano. Tra i consiglieri di peso che hanno espresso il voto per il nuovo presidente c’è anche Piercamillo Davigo. «Sono molto felice per la nomina», ha detto ieri Fabbro, «arriva a fine carriera in un tribunale importate sotto il profilo della popolazione e del territorio, bacino di imprese tra le più importanti in Italia. Un tribunale che negli anni ha migliorato moltissimo la qualità delle prestazioni. Ci sono chiaramente ancora casi nei quali la risposta non immediata e questo dipende dai vuoti d’organico. Attualmente abbiamo cinque giudici in meno. Ci sono inoltre da coprire i ruoli di presidente della sezione civile e della sezione penale, oltre al posto di un magistrato applicato al tribunale di Bologna».
Dopo aver lavorato a Bologna e prima di passare alla giustizia civile, dal 1987 è stato giudice delle indagini preliminari e poi pubblico ministero a Pordenone. Nel 1997 il passaggio a Treviso, prima come giudice civile a Conegliano e poi al quarto piano del palazzo di via Verdi dove, dal 2010, era presidente della sezione civile. «Il problema è che c’è troppa domanda di giustizia»,ha aggiunto, «e questo porta alla mole di procedimenti che dobbiamo affrontare. Sarebbe inoltre necessaria un’adeguata riforma del giudizio d’appello, che elimini le cause al di sotto di determinati livelli. Quando non è prevista la carcerazione, a mio avviso l’appello andrebbe eliminato».
E qui è entrato nel merito delle difficoltà di un territorio particolare come la Marca: «Le dotazioni sono sottodimensionate rispetto alla richiesta di giustizia di una provincia tra le più industrializzate del Paese. Pensiamo ad esempio ai procedimenti che hanno riguardato nell’ultimo periodo alcune tra le aziende più importanti del territorio da Pasta Zara, a Stefanel, da Compiano alla Sangalli Vetro”. Molte di queste sono passate proprio sul suo tavolo come Pasta Zara.—
Giorgio Barbieri
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso