Treviso, la protesta dei baristi contro il robot che prepara gli spritz
I baristi in città bocciano l’arrivo di Toni, il robot che preparerà cocktail al Sandbox: «Mancano umanità e calore, e due chiacchiere: preparare un drink è un’arte»

«Freddissimo. Mancano umanità e calore». Ma anche: «Il cocktail è un’arte, non può occuparsene un robot». E c'è chi aggiunge: «Forse funzionerà con i giovanissimi, la mentalità è cambiata. Di certo i robot impatteranno, anche da noi, sul mondo del lavoro».
Non è un rivolta, of course, ma si tratta di una bocciatura. Barman e osti dicono “no” alla novità del “bar robotico”, introdotto nel locale Sandbox Vr, aperto da pochi giorni in Strada Ovest e dedicato ai giochi in realtà virtuale.
Un tablet e due braccia meccaniche per ordinare un cocktail, ma nessuna presenza fisica a regalarti un sorriso o a suggerire le proposte più adatte ai tuoi gusti. Il barman robotico si chiama Toni, è realizzato dalla torinese Makr Shakr (e proprio nel capoluogo piemontese, già nel 2024, la prima esperienza italiana di questo tipo), costa 300 mila euro. Una rivoluzione che va di traverso a chi per lavoro prepara drink e serve “ombre”.
Un cambio di rotta nella patria dello spritz e del Prosecco, che gli ideatori di Sandbox Vr, Vito Scavo e Alessandro Bergamo (titolari dei diritti in esclusiva per l'Italia dell'omonimo marchio statunitense), hanno voluto proporre in zona Fonderia, ispirati da un analogo servizio adottato nel polo londinese di Sandbox.
«L'oste è spesso scorbutico. Lo potrà mai essere un robot?», replica con una battuta Fabio Tambarotto, di “Muscoli's”. Marlisa Bergamin, del Polo Café, a due passi da piazza dei Signori, ha appena servito un cocktail a un cliente: «Il nostro lavoro è bello anche da vedere. Scegliere gli ingredienti, miscelare. Preparare un cocktail è un'arte. Con il robot non c'è più rapporto con il cliente, non c'è più nessuno che ti spieghi e parli. Non si può automatizzare tutto».
Cristina Bianchi, del Caffè d'Arte di piazza Trentin, non fa giri di parole: «Freddissimo. Si perde la relazione con il cliente, il rapporto umano. Non c'è una persona che ti sorride, con cui scambiare due parole e fare qualche battuta. Francamente non la vedo una grande idea. Non siamo a Milano: una proposta così innovativa la vedo difficile per una realtà come la nostra più legata alla tradizione».
Roberto Salvadori, della cantinetta Venegazzù, in piazza Ancilotto, osserva: «Mancano calore e umanità. Magari piacerà ai giovani d'oggi, di certo la tecnologia sta prendendo piede e impatterà sempre di più sul mondo del lavoro».
Antonio Verlezza, dell'Artisticcafe, in via del Municipio, non condanna l'avvento dell'intelligenza artificiale nel settore, ma fa una sottolineatura: «La tecnologia deve essere sempre accompagnata dal rapporto umano. Il bar è luogo familiare, il robot non può darti l'empatia. Chi va in un locale lo fa per trovare persone e non macchine. La figura umana è imprescindibile, accoglienza e sorriso può assicurarle solo chi lavora dietro un bancone. Con il barista ci si confida, a volte può assomigliare a uno psicologo: tutto sparisce con il robot».
Insomma, quelle braccia meccaniche che afferrano bottiglie e creano cocktail generano scompiglio fra gli operatori del settore. L'aspetto umano che evapora a colpi di click e domotica.
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