Red Canzian al “Fermi” sprona gli studenti: «Non abbiate paura di fallire»
La star dei Pooh ha fatto lezione a 350 ragazzi del triennio del Fermi: «La Gen Z? Li abbiamo coccolati troppo». «Fra un San Siro e un teatro con 100 persone la magia è sentire il respiro dei fan»

Il messaggio agli studenti: «Non abbiate paura dei fallimenti, osate, metteteci passione». Sulla Gen Z: «Oggi noto poca fame, forse li abbiamo un po' coccolati e fatti crescere con eccessiva tutela. Devono imparare a camminare con le loro gambe». E sulle baby gang: «Quando leggi sui giornali di ragazzini con il coltellino in tasca, capisci che lì sono mancate le famiglie».
L'icona del pop Red Canzian ha fatto lezione, ieri mattina, a oltre 350 ragazzi del triennio del Fermi. Parole chiare, frasi motivazionali, un viaggio autobiografico per insegnare a inseguire sogni. Lo spunto dettato dal suo libro "Centoparole per raccontare una vita". E il pensiero ai genitori: «I miei primi fans. Sono loro ad aiutarvi a realizzare i vostri desideri».
Gli insegnamenti
«Dovete credere nella bellezza dei sogni, sono qui per spiegare come può cambiare la vita a seconda del modo in cui viene interpretata», sferza i ragazzi la voce trevigiana dei Pooh, la band di successi memorabili come "Piccola Katy" e "Uomini soli", «dopo una caduta, ci si rialza e si riparte: tutto serve per crescere. Se farete le cose con passione, vi capiterà di sbattere il naso, ma vivrete soprattutto momenti impagabili. Da batticuore».
Un colpaccio per l'istituto tecnico guidato dalla dirigente Giuliana Milana («Un simbolo della musica italiana, mia sorella lo ascoltava»): non capita spesso di vedere Red Canzian raccontarsi agli studenti. «Mi viene in mente un'iniziativa portata avanti con mia moglie a inizio Anni Novanta. Regalammo 25 mila mini alberi ai bambini di prima elementare», fruga nei ricordi il 73enne, che studiò da geometra al Riccati (all'epoca aveva pure quell'indirizzo) in piazza Vittoria. Proietta le foto in bianco e nero della gioventù, traccia la sua storia perché rappresenti un esempio.
L'esperienza
Si sofferma sulle origini umili della famiglia, sulle sue radici a Quinto. Sul papà Giovanni che aveva fatto il camionista e il minatore, lavorando anche a Marcinelle prima dell'immane tragedia. Sui momenti di serenità con la famiglia a Jesolo.
«Decisi a 13-14 anni che avrei fatto la rockstar. Vidi in spiaggia un jukebox, mi pareva di avere di fronte un'astronave. I miei genitori hanno fatto sacrifici per appoggiarmi nel mio percorso, sono stati decisivi», spiega il popolare cantante.
Che vuole evidenziare l'importanza di perseguire un obiettivo: «Senza passione nessun progetto può decollare. E un domani, se metterete sempre entusiasmo, il lavoro non potrà mai essere un peso».
Il brivido sul palco è la gioia indescrivibile per qualsiasi artista: «La cosa più bella del mio lavoro è il contatto con la gente. Fra un San Siro pieno e un teatro con 100 persone, la magia è nel secondo caso: perché puoi sentire il respiro delle persone».
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