Treviso: grande vuoto De’ Longhi, dopo il rogo solo idee

TREVISO. «Le misurazioni fino ad ora eseguite hanno escluso la presenza di sostanze tossiche che per tipologia e quantità possono giustificare in qualsiasi modo provvedimenti di evacuazione o di limitazione degli spostamenti. Unica precauzione consigliata è quella di evitare il consumo di verdure raccolte successivamente all'incendio nell'area più prossima».
Erano passate e nove di sera quando la prefettura, il 18 aprile di 10 anni fa, diramava questo comunicato. I capannoni della De’ Longhi in via Seitz erano ancora un cumulo di lamiera incandescente e tutto il quartiere attorno alla fabbrica era avvolto da una nube densa e acre frutto di un incendio durato oltre cinque ore. Attorno ad un tavolo al secondo piano di piazza dei Signori il prefetto, i vertici dei vigili del fuoco e del 118, carabinieri, polizia, Arpav rispondevano alle domande martellanti dei cronisti.

Fu la sera di un giorno che tutti i trevigiani ricordano per aver tenuto ore gli occhi al cielo fissando l’immensa nube nera che si sollevava dall’azienda spaccando a metà un cielo terso di metà aprile. La De’ Longhi usciva da un pesante ciclo di ristrutturazione, come sottolineò subito dopo l’incendio il segretario Fiom Cisl Buran, e proprio questo dettaglio fece fiorire la ricostruzioni più velenose sull’accaduto sostenute anche da chi sottolineava come sull’area pendesse una richiesta di variazione d’uso. Ma i fatti diedero una versione diversa.
Non ci furono vittime, solo danni. Non ci fu pericolo per la salute pubblica, ma un pubblico divorato da mille domande che vennero tutte ufficialmente archiviate quando l’inchiesta della Procura venne chiusa senza colpe o colpevoli.
Oggi, nonostante i ripetuti allarmi contro le «speculazioni», le «vantaggiose riqualificazioni post incendio», il quadrilatero che un tempo ospitava i capannoni è rimasto immobile nel tempo. Così com’era dopo lo smassamento delle macerie. Solo con un filo di cemento in più, ma in orizzontale. Non sono sorte case o centri commerciali, non sono state avanzati progetti, solo tante parole.
E non sono stati nemmeno risarciti i cittadini come hanno chiesto per mesi dopo l’incendio le associazioni ambientaliste, quelle che avevano dato voce a quanti scoprivano che le proprie galline facevano uova alla diossina, che cercavano risposte per chi ripuliva i balconi di casa dalla cenere chiedendo se era nociva, o avevano l’orto lì vicino o i bambini che giocavano in giardino. La posizione ufficiale del primo giorno non è mai cambiata, così come l’area.
Inserita nelle 38 aree da riconsiderare dal Comune di Treviso è stata ripensata in chiave commerciale direzionale e inserita con l’area Zorzi in un vasto ambito da riqualificare: 132 mila metri quadrati alle porte della città. All’ultimo avviso pubblico aperto dal Comune per trovare privati disposti a intervenire su questi ambiti degradati la famiglia De’ Longhi, che è proprietaria dell’area non ha risposto.
E il nodo resterà sempre quello: la proprietà privata. La richiesta di donare l’area al pubblico per trasformarla in parco non ha avuto risposta e tra Ca’ Sugana e azienda non pare siano state mai intavolate trattative salvo quella per utilizzare alla bisogna la grande area parcheggio adiacente il piazzale degli ex capannoni, sul lato di via Da Milano. La stessa cosa che potrebbe succedere oggi in vista dell’adunata degli alpini visto che Mom assieme a Comune e Coa ha individuato quella zona come possibile “secondo hub” della mobilità pubblica durante l’adunata. Spazio non manca, e il collegamento quasi diretto con la tangenziale rende la “stazione delle corriere di Fiera” un progetto utile anche se solo in chiave adunata. Almeno per adesso.
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